martedì 6 ottobre 2020

Henry Roth

C’era una volta l’America, che non c’è mai stata. In questo capolavoro dalla tormentata gestazione, ma destinato a diventare un classico, Henry Roth mette in rilievo un microcosmo sommerso, povero e limitato dai confini di quartieri che sono vere e proprie enclavi. I contrasti sono netti, la religione è una barriera invisibile più forte delle lingue che compongono Chiamalo sonno (inglese, yiddish, ebraico, e tedesco e italiano in misura minore) che poi è frutto di una versione dell’America non edulcorata, cruda e realistica. È un’esperienza unica, un tuffo in una porzione di NYC all’inizio del ventesimo secolo e il volto di una promessa mancata è già evidente nel prologo, quando i componenti della famiglia Schearl (padre, madre e figlio), ebrei immigrati  dalla Galizia, si incontrano sul molo di Ellis Island. Raccontata con precisione matematica, è una scena durissima, che detta il tono a tutto il romanzo. Le continue triangolazioni tra i principali protagonisti si stagliano contro le geometrie rettangolari della città e David, unico figlio degli Schearl, cresce dentro questo universo frammentario. Tra i sette e gli otto anni, David ha uno sguardo che non è innocente, ma è curioso e attratto dal magnetismo della rapida metamorfosi di un’intera metropoli. Gli altri vertici principali sono il padre, Albert, duro, nevrotico, ossessivo (e vagamente paranoico) e la madre, Genya, protettiva e remissiva, consapevole che “si fa quel che si può. Ma la cosa amara è lottare”. Non c’è molto altro da fare e Henry Roth rende alla perfezione i risvolti psicologici, le sfumature caratteriali, i contrasti, le piccole variazioni sul tema della vita quotidiana. La tensione non cede mai un attimo ed è costante grazie ai cambi di registro, alle dinamiche dei rapporti descritte con precisione maniacale in tutte le sfumature possibili, nei dialoghi e nel sovrapporsi degli idiomi. Chiamalo sonno è, ancora oggi, un romanzo dal potere ipnotico e avvolgente. Più di tutto, è la collocazione delle caratteristiche del Lower East Side, una ricostruzione fedele, minuziosa e particolareggiata, con un nugolo di personaggi di contorno che compongono una parte altrettanto determinante dell’ambiente, e contribuiscono non poco alla creazione dell’atmosfera generale. Poi la natura verticale di New York è tale che per David “in quello splendore fuso, ricordi e oggetti si sovrapponevano”. È un’annotazione importante per inoltrarsi in Chiamalo sonno: per le scoperte di David sono fondamentali i “gingilli messi nella impastatrice del desiderio, l’immaginazione la cazzuola, il capriccio il costruttore. Un muro, una torre, forti, sicuri, favolosi, che immunizzano lo spirito di un nugolo di frecce; la mente, l’esperienza, che taglia il flusso del tempo come una roccia taglia l’acqua. I minuti sgusciavano via, inavvertiti”. Il trasferimento da Brownsville al Lower East Side, con il padre che passa da tipografo a lattaio, implica infatti anche un cambio di direzione: il primo libro è raccontato da David in prima persona, il secondo (Il quadro) è raccontato da una voce narrante (ma nel finale si confonderanno di nuovo). Nell’instabile mosaico del Lower East Side all’inizio del ventesimo secolo, dove il tessuto multietnico è in continua fibrillazione, le esplorazioni di David procedono con sorpresa, come quando scopre la corrente elettrica nei binari del tram: “Che cos’era che aveva visto? Ora non lo sapeva più. Era come se lo avesse visto in un altro mondo, un mondo che, una volta lasciato, non poteva più essere richiamato. Tutto quel che sapeva, era stato completo e abbagliante”. Perdersi nelle vie  oltre l’Avenue D vuol dire trovare l’amicizia, il sesso, la violenza e accorgersi che “dovevi sapere tutto, e d’un tratto quello che sapevi diventava qualcos’altro. Ti dimenticavi perché, ma era pur sempre qualcos’altro. Che ti faceva paura”. David torna ogni volta dalla mamma che resta un rifugio sicuro, “ma lei non sapeva, come invece sapeva lui, che l’intero mondo poteva frantumarsi in mille piccoli pezzi, tutti ronzanti, tutti mugolanti, e nessuno che li sentiva e nessuno che li vedeva eccetto lui”. Ma a casa trova anche il padre che è la vera incognita di Chiamalo sonno, essendo sempre pronto a esplodere. Con il passato che li insegue dall’Europa, prende vita un affresco ricchissimo, un continuo intrecciarsi di linguaggi e di prospettive. L’incrocio dei singoli episodi implica altrettante svolte, come il rosario snocciolato sul pavimento che ricorda inevitabilmente la croce sul tetto in Città di Dio di Doctorow, molti anni dopo Chiamalo sonno. Per David “il semplice passare del tempo era una gioia”, ma l’intrico del desiderio di conoscenza, nelle strade, nelle cantine e sui tetti del Lower East Side non lascia scampo. Nel ventre di una New York, che è un brulicare di famiglie che soffrono e lavorano, l’America non è poi così ospitale, ma vista da un bambino che brancola nel buio è pur sempre un’illusione non distante dal sogno o dalla magia.

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