domenica 20 novembre 2016

Herman Melville

Pur essendo molto distanti dall’epopea di Moby Dick, perché sono episodi che appartengono al suo periodo giovane e selvaggio, i Frammenti di uno scrittoio sono rappresentativi di uno stile destinato a diventare unico. Non soltanto con l’esuberante carica per cui D. H. Lawrence dirà che “in effetti Melville è un tantino sentenzioso, e così cosciente e anche teso a convincere se stesso” o per le citazioni di Shakespeare, Milton, Byron, Scott, Coleridge ostentate nei due racconti. In prospettiva, i Frammenti di uno scrittoio sembrano germi primordiali in cui Melville asseconda il motto di Friedrich Schiller (“Sii fedele ai sogni della tua giovinezza”) e lo traduce in una narrazione spumeggiante, per quanto ancora grezza e acerba. La dimensione onirica tout court delle “lungaggini” di Melville è palpabile, richiamata spesso nelle descrizioni che sono floride e voluttuose: “Candelieri di disegno estremamente fantasioso, pendenti dall’alto soffitto con funi d’argento, diffondevano su questa scena voluttuosa una luce morbida e temperata, e trasmettevano all’insieme quella bellezza di sogno che vuol essere vista per essere pienamente apprezzata. Specchi di grandezza inusuale, moltiplicando in tutte le direzioni i bellissimi oggetti, illudevano l’occhio con le immagini riflesse e ingannavano la visione con un lungo scorcio”. Una caratteristica che poi resterà, ampliata e centellinata con maggior precisione, tanto è vero che D. H. Lawrence dirà ancora che “il Melville migliore scrive in una specie di sogno soggettivo, cosicché gli eventi che gli ci narra hanno una strettissima relazione con la sua anima e la sua vita profonda”. La vita è sogno ed è suono e i Frammenti da uno scrittoio mettono già in risalto la natura tambureggiante della scrittura, che poi John Freeman definirà così: “Una delle maggiori qualità di questo genio è il suo orecchio per il ritmo. Melville aderisce alla superba tradizione degli scrittori anglosassoni: la tradizione di una prosa scritta per l’orecchio più che per l’occhio”. Questo è già evidente fin dagli scritti giovanili come emerge nel primo dei due Frammenti da uno scrittoio quando Melville dice: “Sento che le mie capacità sono inadeguate alla bisogna; proverò tuttavia a cimentare la mia mano sull’argomento sebbene, da inesperto pittore qual sono, temo che riuscirò solo a scandalizzare le grazie che sto tentando di rappresentare”. La promessa, si sa, sarà mantenuta, vagabondando tra le frasi con un coraggio per e nella prosa che lo spingerà a scelte radicali nella vita. Alla fine, anche nei Frammenti da uno scrittoio si trova, come scriveva Gianni Celati “il procedere a tentoni delle parole verso questi deserti, luoghi di voci e richiami dell’anima, con la grazia del grafomane e del manierista, ma anche sempre con questo lancinante senso di un’apertura in tutte le direzioni, che non arriva da nessuna parte”. Un mese dopo Herman Melville salperà e da lì in poi il sogno diventerà un’ossessione, per lui e per tutti: “Cavatevi gli occhi per cercarla, ragazzi: guardate bene se vedete acqua bianca: se vedete anche solo una bolla, segnalate”. Siamo sempre in mare aperto, la caccia continua.

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