giovedì 13 agosto 2015

William Maxwell

E' una lunga domenica di novembre, nel 1918, tra le mura della vita famigliare. La prima guerra mondiale sta finendo, l'epidemia di influenza spagnola sta cominciando a dilagare, il matrimonio di Charlie Chaplin è sulla prima pagina di tutti i giornali. Il pranzo festivo, con un pollo arrosto sacrificato e ripulito all'osso, è soltanto l'introduzione (memorabile) alla distanza siderale tra il mondo dell'infanzia e quello degli adulti che la quiete domenicale non riesce a dissimulare. Entrambi menomati, in modo diverso ma pur sempre limitati, Bunny e il fratello Robert si muovono attraverso la realtà con l'ausilio di fantasie e sogni a occhi aperti, condividendo un'aperta e reciproca ostilità. Gli adulti, il padre e la madre, James ed Elizabeth, più tutto un corollario di zie, zii, dottori e governanti invece sono intrappolati nell'affannosa ricerca di “una possibilità di far funzionare le cose”. Da lì, dal tempore di un pomeriggio autunnale, Come un volo di rondini si sviluppa su diversi piani, sempre avvincenti. Prima il conflitto tra i due fratelli, Bunny e Robert, poi il delicato avvinghiarsi di Bunny con la madre e, più in là nel racconto, tenuta in riserva fino alla fine, la prospettiva di James. Le differenti sfumature dei legami invece di cristallizzarsi nei tre distinti capitoli (Bunny, Robert e il padre) scorrono come torrenti sotterranei e trovano una via d'uscita soltanto negli snodi più dolorosi e imprevedibili. “La fragilità della felicità umana”, come scrive William Maxwell, è un soffio, una piuma, una ghirlanda, una carezza e la connotazione della famiglia rimane un baluardo per tutti, anche se l'assedio degli eventi infausti è continuo e difficile da reggere. Il più delle volte per i bambini è qualcosa di non detto o non capito o al massimo origliato dietro lo stipite di una porta. Per gli adulti, che non hanno più la fortuna di potere tenere il mondo a distanza di sicurezza basta molto poco e poi “così, all'improvviso, tutto era cambiato. Tutto era diverso”. La definizione di Come un volo di rondini è precisa, millimetrica, certosina. “Il romanziere lavora sulla base della vita che gli è stata data” dice di William Maxwell e la scrittura, che Mavis Gallant ha descritto come “prosa allo stato puro”, è (senza alcun dubbio) minuziosa, attenta e particolareggiata come conviene a chi ha letto, riletto e corretto le pagine di John Cheever, Vladimir Nabokov, John Updike, Eudora Welty e John O'Hara. Come un volo di rondini è ben articolato nella suddivisione dei protagonisti, nell'elencarsi dei personaggi secondari e anche il tono, molto lirico e accurato, è sempre adeguato, tenendo presente i passaggi più laceranti della storia. Il rigore, anche formale, dell'elaborazione di Come un volo di rondini è in sé il pregio e il limite maggiore: non si discute della capacità di “rendere le cose memorabili” come direbbe il suo Bunny, ma il fascino della scrittura ordinata, sistematica e scrupolosa di William Maxwell non impedisce al romanzo di ripiegarsi su se stesso, rivelandosi un po' troppo perfetto per essere giusto.

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