giovedì 9 gennaio 2025

Louise Glück

Una lingua piana, parlata, semplice che si adatta alla quotidianità di tutti i giorni è la materia specifica della poesia di Louise Glück e, a maggior ragione, nell’avvicinarsi a Una vita di paese è, in pratica, una scelta tanto obbligata quanto convinta. Nell’osservazione meticolosa della vita di una small town, il lavoro di descrizione e memoria ha bisogno di rinnovare le motivazioni, ben sapendo che “ogni persona ripone la propria speranza in un luogo diverso”. Questa collocazione nella vita in campagna, in corrispondenza della terra, offre la dimensione ideale per una ricognizione ravvicinata delle interazioni tra gli abitanti e l’habitat circoscritto compresi gli animali (anche i lombrichi), le piante (l’ulivo, tra gli altri) e gli elementi del territorio (il fiume, più spesso di tutti). Non solo hanno la stessa dignità degli esseri umani, sono anche l’occasione propizia per ridefinire un punto di vista, come poi succede con l’apparizione dei Pipistrelli: “Ci sono due tipi di visione: vedere le cose, che rientra nell’ottica, e di contro vedere oltre le cose, che deriva dalla privazione”. Questo è un passaggio particolarmente rivelatorio che colloca Louise Glück in un ambiente limitato, circoscritto e molto preciso da dove può scrutare un’idea, quella che rende esplicita in Crepuscolo: “Nella finestra, non il mondo, ma un paesaggio squadrato che rappresenta il mondo. Le stagioni cambiano, ciascuna visibile solo per alcune ore al giorno. Cose verdi seguite da cose dorate seguite dal bianco, astrazioni da cui derivano piaceri intensi, come i fichi in tavola”. Le osservazioni toccano lo scorrere dei periodi di passaggio in passaggio come avviene in Marzo (“Il sole batte sulla terra, che lussureggia. E ogni inverno, è come se la roccia sotterranea si sollevasse sempre più e la terra diventasse roccia, fredda e respingente”) o semplicemente dell’avvicendarsi del giorno con la notte in Abbondanza (“La luna è piena. Dal campo arriva un suono strano, forse il vento”) come l’accorgersi di un ritmo che supera i calendari, così descritto in Alba: “Anni e anni, ecco quanto tempo trascorre. Tutto in un sogno”. Una vita in paese consente di valorizzare atti e scenari bucolici: per esempio, raccogliere e “bruciare le foglie” diventa una sorta di ritornello, o forse un rituale che si ripresenta spesso, quasi a ricordare i limiti, ovvero i contorni, i cicli, le radici. La forma è sempre diretta, immediata: i versi di Louise Glück trasmettono come non mai un senso di appartenenza fuori dal comune espresso in Solitudine: “Ora ritorniamo a essere come eravamo, animali che vivono nell’oscurità senza linguaggio o visione”. Le coordinate partono un angolo remoto per arrivare a una dimensione più ampia, e in gran parte da esplorare. Ancora in Crepuscolo Louise Glück vede e sente un “mondo visibile, linguaggio, stormire di foglie nella notte, odore d’erba alta, di fumo di legna”, e siamo di nuovo nell’ambito locale e rurale, più vicino alla terra che al cielo, ma in Una vita di paese le sorprese, a saperle trovare, sono dietro l’angolo, come specifica in Trebbiatura: “Quella volta nel bosco: quella era la realtà. Questo è il sogno”. Le parole, anche plain spoken, offrono un’altra possibilità, molto più grande, se non proprio universale. 

Nessun commento:

Posta un commento