venerdì 29 giugno 2018

John Barth

C’è qualcosa di magico e trascinante nella scrittura di John Barth. Continui cambi di scena e di tonalità (qui si passa dalle trincee della prima guerra mondiale agli eventi lussuriosi di una città di provincia), repentine divagazioni di ruolo tra narratore, lettore (spesso richiamato all’attenzione) e personaggi dentro un flusso di parole enorme, sconsiderato, apparentemente caotico: L’opera galleggiante, forse il capolavoro di John Barth, esprime al meglio il suo enciclopedico e caleidoscopico narrare. Di lui Joseph McElroy ha scritto: “Trame sistematiche concatenate con la vita mentale dello scrittore la quale cerca di difendersi dalle proprie stesse costruzioni che addirittura parodiano il genere pastorale, e un'intelligenza artificiale che si premunisce contro la paura e talvolta contro la serietà, ricorrendo a un umorismo straripante e computerizzato”. Una definizione elaborata, che John Barth gradirebbe perché L’opera galleggiante è un gorgo di linguaggi ed espressioni, tenute insieme dal gusto e dal ritmo per una narrativa senza confini e da una sottile vena d’ironia, esuberante fin dall’incipit: “Per uno come me, le cui attività letterarie dal 1920 in poi si sono limitate alla stesura di documenti giudiziari e alla raccolta di materiale per l’Indagine, la parte più difficile dell’impresa imminente, ossia, il resoconto di un giorno del 1937 in cui cambiai idea, è proprio cominciarla. Mai ho tentato nulla di simile ma mi conosco abbastanza per sapere che, rotto il ghiaccio, tutto diventerà facile, anche troppo, giacché di natura sono un tipo espansivo, e anzi il problema sarà quello di non perdere il filo della storia, e di sapermi azzittire alla fine”. Da lì scorrono vent’anni in cui il principale protagonista, Todd Andrews racconta cosa è successo, dopo aver vezzeggiato e poi tralasciato l’idea del suicidio come panacea di tutti i suoi tormenti. È prolisso quel tanto che basta da comprendere anche un messaggio esplicito che John Barth riserva ai lettori: “Se mai doveste avere da scrivere sul mondo, badate di non lasciarvi adescare dai molti simboli allettanti che semina proprio in mezzo alla vostra strada, altrimenti vi indurrà a dire cose che non vorreste davvero dire, offendendo le persone che più desiderereste divertire. Sviluppate, se vi riesce, la tecnica dei beccamorti e mia: sorridete, certo, perché i cani che scopano sono davvero buffi, ma proseguite senza dire nulla, quasi non ve ne foste accorti”. L’opera galleggiante è un romanze che, con le parole dello stesso John Barth, scopre le connessioni nascoste tra letteratura, storia e territorio perché “la letteratura che parla di storia non diventa quasi mai parte della storia della letteratura. La maggior parte della letteratura che parli di un luogo o un periodo di tempo non riesce mai a elevarsi al di là di quel luogo o di quel periodo. Quando i veri artisti trovano ispirazione in una particolare regione geografica o epoca storica, è probabile che sia perché in quella regione o in quell'epoca trovano un simbolo di ciò che gli sta a cuore veramente, ossia le passioni del cuore umano e le possibilità del linguaggio umano. Di qualunque cosa parli, la grande letteratura parla quasi sempre anche di se stessa”. Il punto è proprio questo: L’opera galleggiante sembra vivere di vita propria e il triangolo tra lui, lei e l’altro è soltanto la metafora avvincente per ricordare il legame tra lo scrittore, il libro e il lettore. Sarà solo un’ipotesi come un’altra, ma arrivati in fondo, è inevitabile pensarci e immaginarsi John Barth che ci sghignazza su.

1 commento:

  1. "A great reflection on John Barth’s unique contributions to literature, blending complexity with creativity. It’s like adescare website approach—offering thoughtful, personalized care that goes beyond the surface to truly understand and address the needs of each individual."

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