martedì 3 aprile 2018

Charles Webb

Persino Mike Nichols, il regista che portò Il laureato alla sua indimenticabile versione cinematografica, si chiedeva che fine avessero fatto Benjamin ed Elaine, dopo essere saltati al volo su un autobus giallo, destinazione ignota. La risposta arriva soltanto molto anni dopo e Charles Webb la confeziona sotto forma di una commedia agrodolce, cosparsa di una patina di satira abrasiva e punteggiata da dialoghi martellanti. Più che un sequel, si tratta di un curioso caso di rifrazione letteraria: c’è ancora tutto il groviglio di interrogativi e contraddizioni su cui è cresciuto Il laureato, ma visto al contrario. Benjamin ed Elaine si sono sposati e hanno voltato davvero pagina, nel senso che hanno lasciato la California e sono andati a vivere in una realtà suburbana nello stato di New York, per mettere tremila miglia tra loro due e Mrs Robinson. Nella cittadina dell’ovest, Benjamin ed Elaine vogliono crescere e istruire i figli, Jason e Matt, in modo autonomo, confidando nelle potenzialità della curiosità e nella spontaneità dell’apprendimento. La scelta, informale e inusuale, presuppone il rifiuto dell’ordine costituito e genera apprensione nei dirigenti scolastici, che minacciano gravi ripercussioni sulla famiglia Braddock. A Benjamin ed Elaine non rimangono molte scelte. Potrebbero andarsene nel Vermont, dove hanno conosciuto una famiglia di hippie, i Lewis, ma l’ipotesi dura giusto per lo scambio di un paio di battute. Cosa faranno si intuisce fin dalle prime pagine, dove un indizio fa pensare che ben presto ricorreranno al terzo livello della filosofia “fai-da-te”, che suggerisce molto di quello che succederà in seguito: “Se qualcosa non funziona, scatta l’emergenza e tu sbatti ripetutamente l’oggetto sull’asfalto”. La soluzione implica un altro danno ed è proprio quello che succede: Benjamin ha l’idea di chiamare Mrs Robinson ad essere complice di un colpo ad effetto. Riaprire un canale con il passato, con tutto quello che è successo, è un pericoloso ibrido tra un azzardo e un bluff. Lei resta una mina vagante e se, in effetti, sarà l’asso nella manica per far scomparire l’ingerenza dell’istituzione scolastica rappresentata dal preside Claymore, è ancora incontrollabile (lo è sempre stata). Quando Nan alias Mrs Robinson accetta (così in fretta) la proposta di Benjamin dovrebbe sorgere qualche dubbio. Sì, lei è disposta a qualsiasi cosa pur di stare più vicina ai suoi “angeli”, ovvero i nipoti, ma il legame con Benjamin è ancora inteso, una corrente sotterranea ancora incompresa dopo tutti quegli anni. Lei ha altri piani (li ha sempre avuti) e, svolto il compito (con gran nonchalance, bisogna dire) si installa a casa dei Braddock e qui il rimedio si svela peggio del guaio. Anche perché sono in arrivo i Lewis che, nel gioco di specchi elaborato da Charles Webb, vivono davvero in un caravan. Viaggiano per l’America, professando tutti i cliché degli hippie, compresa una certa libertà nei costumi (e l’occasione non sfuggirà a Mrs Robinson). L’idea di famiglia sbanda in modo vistoso e sono i figli a interpretare la confusione degli adulti: se all’inizio il problema è come montare una ghigliottina in miniatura (anche l’istruzione do it yourself ha i suoi limiti), alla fine si ritrovano in una piscina vuota ad aspettare gli alieni. Sembrano assurdità, ma sono innocenti, se paragonate alle inconcludenti discussioni dei genitori che il “grande freddo” di Charles Webb riporta parola per parola, come se avesse registrato tutto. E la domanda che Il laureato lasciava in sospeso, trova la sua risposta: Benjamin ed Elaine (e Mrs Robinson) non sono andati da nessuna parte e restano lì, ad aspettare lo squillo di un telefono, o forse no.

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