martedì 10 aprile 2018

Brian Panowich

Una deviazione verso Bull Mountain deve mettere in conto un rischio mortale perché quello è un posto dominato dal fantasma di Halford Burroughs e governato dallo sceriffo, Clayton, che poi è il fratello che l’ha ammazzato. Il riepilogo dei precedenti dovrebbe bastare a far capire nel territorio della Falls County esiste una giustizia feroce e senza appello che è amministrata dagli uomini (e, come si vedrà in Come leoni, anche dalle donne) fuori da ogni forma istituzionale. La logica del fuorilegge, rigoroso nell’applicare comandamenti tanto inderogabili quanto volubili, è un paradosso che trova nell’humus sudista (siamo in Georgia, dopo tutto) un terreno più che fertile. L’idea di non arrendersi, di restare ribelli, di non considerare la resa, nemmeno davanti alla sconfitta sul campo, risale alla guerra di secessione. Come riporta Raimondo Luraghi in Storia della guerra civile americana, al generale Weitzel “che gli chiedeva come trattare la popolazione civile”, Lincoln in persona, il 4 aprile 1865, seduto sulla poltrona di Jefferson Davis, dopo che le forze dell’Unione avevano conquistato la capitale confederata, Richmond, rispondeva: “Se io fossi in voi, li lascerei tranquilli, li lascerei tranquilli”. Più di un secolo dopo, il monito è ancora valido (eccome) nella circoscrizione di Bull Mountain. Un avvertimento che deve essere sfuggito a un manipolo di “young guns” provenienti da un’altra contea e quindi da un altro mondo. Quando decidono di alleggerire un “famigerato fienile di montagna trasformato in sala da biliardo e discoteca”, non sanno che hanno pestato le propaggini dell’albergo genealogico dei Burroughs. O forse sì: la maldestra rapina, cominciata male e finita peggio, è solo un primo segnale d’allarme, lassù a Bull Mountain. Qualcuno sta scavando nel passato, vecchie e nuove bande di biker, killer e outsider scatenano una faida per il controllo dei traffici e delle montagne. Un incendio di violenza inaudita e di pura adrenalina con Brian Panowich che va all’osso, morde e non molla il colpo. Dalla prima all’ultima pagina, una volta cominciato è impossibile fermarsi. La tensione constante, la frenesia del ritmo, i repentini cambi di scena, l’incontrollabile forma degli scontri non gli impediscono di ricordare che anche a Bull Mountain “nessuno crede davvero che nella vita ci siano cose più importanti del denaro o dell’amore, finché non arriva il momento di sedere a capotavola: di riconoscere il potere”. Se, a partire da Clayton Burroughs, sono gli uomini a dettare tempi e a tracciare linee cercando di fuggire a un destino segnato, nella sottile trasformazione introdotta da Come leoni, sono le donne a determinare tutte le vere svolte di Bull Mountain. Annette, la madre di Halford e Clayton, è protagonista del prologo e dell’epilogo, che oltre a definire Come leoni, cambiano un po’ la prospettiva rispetto primo capitolo della saga di Bull Mountain. Da lontano, arriva una femme fatale sfuggente e infida come un serpente perché nella Falls County avranno tutti i difetti di questo mondo (e non sono pochi) ma i bifolchi sono sempre sinceri. E, infine, Kate, moglie di Clayton e madre di Eben (l’ultimo arrivato della stirpe dei Burroughs) che tra tutte le belve in arrivo a Bull Mountain si destreggia come una leonessa. Sì, la spiegazione è già nel titolo, e, sì, aveva ragione il presidente, meglio lasciarla tranquilla.

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