martedì 27 novembre 2012

Kent Harrington

Il Guatemala non è soltanto lo sfondo su cui si proietta l’ombra sfuggente del giaguaro rosso. E’ un paese condannato dalla storia, attraversato da scosse telluriche così come da ondate di violenza inaudita, un luogo dove la povertà alimenta un’infinita precarietà e dove la vita, che ha millenni di tradizioni alle spalle, sembra frutto di un destino del tutto occasionale. Per descrivere il Guatemala che c’è in Il giaguaro rosso, così come quello della realtà valgono le parole, riferite a chissà quale angolo del mondo, ma adattissime allo scopo, che scriveva Graham Greene: “Qui nessuno avrebbe mai potuto parlare di un paradiso in terra: il cielo rimaneva rigidamente al proprio posto al di là della morte, e al di qua prosperavano le ingiustizie, le crudeltà, le grettezze che altrove la gente riusciva abilmente a mascherare”. La citazione non è casuale perché il protagonista, Russell Cruz Price, sembra Il nostro agente all’Avana trapiantato in Guatemala. Nel suo passato, dove si scontato i riflessi autobiografici di Kent Harrington, c’è l’essenza che lo porterà a cercare Il giaguaro rosso. Russell Cruz Price discende da una stirpe di proprietari delle piantagioni di caffè (la prima risorsa nazionale), ha studiato nelle accademie militari americane ed è un giornalista del Financial Times. Crede convinto negli effetti moltiplicatori e autoindulgenti del capitalismo ed è sicuro che non c’è alternativa al libero mercato, anche in Guatemala. E’ per questo che accetta di condividere la caccia al giaguaro rosso che gli propone Gustav Mahler, un archeologo tedesco di illustre discendenza, convinto di aver trovato la pista giusta per arrivare a una delle leggende delle leggende precolombiane. Il giaguaro rosso è un feticcio di giada che pesa svariati quintali, dal valore inestimabile e l’idea di Russell Cruz Price è venderlo per conquistare la femme fatale di cui si è innamorato, Beatrice. Lei è sposata con Carlos Selva, generale dell’esercito e sanguinario responsabile dei servizi d’informazione, ma non è l’unico ostacolo (femminile) a cui deve far fronte Russell Cruz Price perché “quando tutto sembra tranquillo, allora è il momento in cui ti può succedere qualcosa”. C’è il ricordo della madre, Isabella, c’è Olga, che l’ha visto bambino, e c’è Katherine, la volontaria idealista che si innamora dell’uomo sbagliato (lui). Kent Harrington con i colpi di scena non ci va leggero, anche a discapito di qualche elemento di coerenza e di alcuni dettagli (archeologici, strategici, militari): nella prima parte Il giaguaro rosso è denso e affascinante, mentre nella seconda, dove gli eventi precipitano uno dopo l’altro, diventa rutilante e avvincente. Detto questo, Kent Harrington sparge la suspense a piene mani, dalle improbabili love story alle folli missioni geopolitiche (con l’onnipresente invadenza degli interessi americani), soltanto per ricostruire il clima irrespirabile del Guatemala, un posto nel mondo in cui “solo i bastardi possono resistere, ragazzo, perché a loro non gliene frega niente del paradiso”.

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