giovedì 19 aprile 2012

Francisco Goldman

L’equipaggio di una nave viene reclutato a Managua mettendo insieme le speranze e le illusioni di un gruppo composito di disperati di varia forma e natura. I personaggi vanno da un giovane reduce della guerra contro i contras (Esteban, che è anche il protagonista del romanzo, per quanto non dichiarato) ad un vecchio lupo di mare, Bernardo. La nave, l’imbarco, il viaggio in aereo verso il porto di New York danno adito ad un’infinità di sogni, coltivati con grande passione che però vengono ben presto ridimensionati e poi trasformati in un vero e proprio incubo dalla realtà dei fatti. La Urus, questo il nome della nave su cui s’imbarca la piccola e assortita armata Brancaleone, è poco più di un relitto, batte una bandiera di comodo (Panama), ha un armatore fantasma ed è sotto il comando di due strane ed evanescenti figure, il capitano Elias e il suo alter ego, Mark Bare. La nave non prenderà mai il largo e i marinai si troveranno, loro malgrado, ad affrontare un'infinita serie di privazioni, umiliazioni e difficoltà: un fallimento su tutti i fronti, ancorati davanti alle mille luci scintillanti del sogno americano. Prendendo spunto da un fatto realmente avvenuto, Francisco Goldman confeziona un voluminoso romanzo di quattrocento pagine utilizzando un linguaggio scarno, ricco di informazioni tecniche e di particolari suggestivi, ritraendo in maniera complessa e definita l’immagine di una sconfitta che ha molte facce. Quella di New York, una città in cui i marinai dimenticati non possono nemmeno rischiare di avventurarsi. Un approdo che è anche un vicolo cieco. Quella del Nicaragua e in generale di tutto il Sud America che, nonostante anni di soprusi e di invasioni, continua a guardare agli Stati Uniti come alla terra promessa. Quella di una nave e di un equipaggio utilizzati soltanto per una truffa destinata, in modo clamoroso, a finire nel nulla. L’equipaggio dimenticato parte da una situazione vagamente kafkiana e surreale per ricostruire una rete di rapporti umani in cui, nonostante le evenienze, la solidarietà non è scomparsa. Con poche pretese letterarie, e forse è meglio così e non soltanto perché è based on a true story. Con molta cognizione di causa, Francisco Goldman riesce nella non facile impresa di raccontare l’immobilità, l’incertezza (a tutti i livelli, dallo status sociale e politico dell’equipaggio alla difficoltà di mettere insieme un decente pasto quotidiano), la vulnerabilità di uomini attratti da una speranza non fosse altro che un lavoro duro, diffile, pericoloso e mal pagato. Un lavoro minuzioso e accurato sui dettagli, sulla scansione impercettibile, sulle condizioni di vita a bordo, dove l’unica possibilità è la condivisione di un destino comune. Soprattutto tra i membri dell’equipaggio e tra quei personaggi che, a differenza dei loro sfruttatori, non hanno mai conosciuto il sapore di una vittoria se non nel calore di un legame, per quanto circoscritto della paratie di un relitto galleggiante. Qualcosa in più di un bel romanzo.

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