lunedì 27 ottobre 2025

Tom Wolfe

In uno degli stralci più coloriti che vengono riproposti in La baby aerodinamica kolor karamella, Tom Wolfe racconta con disinvoltura la storia di un’opera di Walter de Maria, chiamata Il ritratto di Dorian Gray. Con tutto il rispetto per Oscar Wilde, il furto del titolo ha un senso perché si tratta solo di una lastra d’argento che si ossida e quindi muta nel corso del tempo. La sua storia è al centro del demi monde di New York, con mostre, vernissage, inaugurazioni, cocktail party e il sabato sera tra Jasper Johns o Mark Rothko, ma Tom Wolfe ci arriva alla fine, partendo dalle coste californiane dove imperversano surf, hot-rod e rock’n’roll. La “segregazione generazionale” cominciata con l’invenzione della gioventù nel dopoguerra si impone con la customizzazione delle carrozzerie perché “tra i giovani l’automobile è diventata un simbolo, e in parte il mezzo fisico, del trionfo sulle restrizioni imposte dalla famiglia e dalla comunità”. Tom Wolfe indaga le innovazioni meccaniche come le follie dei demolition derby e soprattutto la deviazione delle forme, dei colori e dei design che ha urtato l’egemonia dei profili dell’industria di Detroit. Sull’onda delle creazioni giovanili, Tom Wolfe affronta anche Murray the K e il suo legame con i Beatles, “il più grosso fenomeno di musica popolare mai esistito”, l’importanza delle radio nella diffusione e nella percezione della cultura, la figura di Phil Spector e le sue produzioni fino ai tumulti di Watts. È tutta un’altra era vista su più dimensioni: le considerazioni di Tom Wolfe sono sempre belle appuntite, lo stile è tranchant e coinvolgente, l’attenzione per i dettagli e i costumi ha una teatralità effervescente, ma a una lettura più attenta, è soltanto un diversivo per mascherare uno sguardo molto più profondo. Ben presto la vena caustica di Tom Wolfe rivolge le sue attenzioni a New York e secondo il suo punto di vista, la città “non fa che tenersi aggrappata a questa vecchia, feudale e patrimoniale idea delle gerarchie sociali, del farsi vedere, dell’incontrare la gente giusta e via dicendo”. Mecenati e artisti, commensali e faccendieri, portieri e altre apparizioni fugaci sono all’ordine del giorno e della notte: New York è fatta di ombre e “qualche passo falso, qualche delusione, qualche risatina alle spalle, e vuoi tagliarti la gola per questo?”. Tom Wolfe è una guida imprevedibile, capace di tenere banco senza sosta, lasciandosi trasportare persino da una brillante leggerezza quando dice: “Guardatevi intorno, tanto per cominciare questa città è un manicomio, sbaglio? Perciò, non lasciatevi prendere dalla frenesia. Rilassatevi. Godetevela”. Certo, intanto Il ritratto di Dorian Gray ormai annerito e graffiato dagli anni oggi vale più di mezzo milione di dollari. Testimone oculare di tanti eccessi e divagazioni, Tom Wolfe a New York si concede un’avventura con gli automatismi all’Hilton, frutto di una digressione letteraria che pare infinita, e poi, nell’alternarsi tra la costa occidentale e orientale, ecco il gran finale con il ritorno in California con l’analisi ravvicinata delle protesi di silicone, acuta ed esilarante. Nel frattempo ci sono ampie parentesi dedicate a Marshall McLuhan (e a Freud) e a Hugh Hefner e al suo impero di apparenze, così, senza alcuna soluzione di continuità. Se a prima vista La baby aerodinamica kolor karamella è un insieme difficile da decifrare, il collage che va formandosi sottolinea, nel caso ce ne fosse bisogno, che “la vita americana si va omogeneizzando sempre più al suo centro di potere”. Ancora validissimo.           

Nessun commento:

Posta un commento