lunedì 4 ottobre 2010

Michael Ondaatje

Billy The Kid è l'immagine stessa del fuorilegge per antonomasia: gli si è opposto Pat Garrett, come Sam Peckinpah ci ha insegnato e come la colonna sonora di Bob Dylan (lui faceva Alias) ci ricorda spesso che ancora adesso quel fuorilegge d’America starà “bussando alle porte del paradiso”. Invano. Se ha un limite, questo piccolo e brillante lavoro tra poesia e narrativa, è solo nel titolo, dove Pat Garrett, l'altra metà della storia, è stato rimosso, ma si capisce perché: Le opere complete di Billy The Kid è un libro di frammenti, sprazzi di narrativa, fotografia che mancano e qualche momento lirico di grande trasporto. Un patchwork letterario che trova il suo elemento unificante proprio nella figura che racconta, perché come si legge nelle pagine introduttive, “anche questo è un modo per narrare storie: immedesimarsi in una leggenda, in un mito, un'energia”. Tra tagli e visioni degni di Cormac McCarthy (“Bisogna far piazza pulita di un bel po' di cose, cioè si girano i tacchi quando parte il colpo te, la squagli non vedi le batoste, gli occhi che sgorgano come fogne rotte, credendo così alla morale dei giornali e dell'arma, dove i corpi sono esanimi come fiori di carta, che non nutri o non fai bere ecco perché, io riesco a vedere lo stomaco degli orologi, ingranare rotelle e perni uno nell'altro, e a uscirne vivo, per ore”), panorami asciutti e paurosi (“Entro di sé, nel paesaggio, immoto di leggenda, avverte, il freddo del suo fosco fato; già, nelle strade arroventate, somiglia a sé stesso da morto”) Le opere complete di Billy The Kid sintetizzano tutta l'epopea western. Curioso che a raccontarla sia un canadese la cui famiglia ha radici a Ceylon, oceano Indiano, ma Michael Ondaatje non è nuovo ad imprese simili. Già con il bellissimo Buddy Bolden's Blues aveva dimostrato dimestichezza con i territori della cultura americana e afroamericana, raccontando gli albori del blues e del jazz: “La musica era grezza, rozza, immediata, vecchia dopo neanche mezz'ora, parlava di cadaveri ripescati nel fiume, di coltelli, di pene d'amore, di sfacciataggine. Lassù sul palco non faceva altro che mostrare tutte le possibilità che si aprivano nel bel mezzo della storia”. Succede anche con Billy The Kid, anche se le scene, e gli strumenti, sono ben altri: Le opere complete di Billy The Kid per raccontare il nemico pubblico numero uno (insieme a Jesse James) dell’America usa modi che aprono spesso le porte ad altre, infinite storie. E’ per via di un modo particolare di raccogliere le piccole tessere di una leggenda e ricomporle secondo uno schema invisibile, ma che proprio per questo rende ancora più efficace la storia. Basta che una voce, en passant, racconti il primo incontro: “Ogni uomo del sudovest degno di questo nome e molti indegni, prima o poi, erano ospiti. L’accoglienza era la stessa per chiunque. A volte uno arrivava al gran galoppo, mangiava al gran galoppo e al gran galoppo ripartiva. Billy The Kid veniva spesso e a volte restava una settimana o due. Ricordo lo spavento la prima volta che si presentò”. E’ da qualche parte, in quel momento, che, come ha capito Michael Ondaatje, è rimasto per sempre.

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