venerdì 18 giugno 2010

Jim Thompson

Tra i narratori più amati dal mondo variegato dei songwriter e delle rock'n'roll band, Jim Thompson non è mai stato altrettanto ricambiato dall'universo degli intellettuali e della letteratura. Nonostante una trentina di romanzi, compreso questo Bad Boy che altro non è se non la sua autobiografia. Leggendolo, non è difficile capire perché: Jim Thompson è sempre stato un cristallino outsider, naturalmente incapace di vivere la mondanità letteraria e di assecondarne i tempi e i metodi, tutt'altro che felici. Il Bad Boy si è scelto percorsi esistenziali marginali, se non proprio proibitivi, cambiando mille lavori, vagabondando in continuazione attraverso l'America, costruendosi un linguaggio duro, diretto, affilato come un coltello a serramanico.  Unico, e altrettanto spietato, come segnala in modo molto preciso Pino Cacucci nella postfazione di Bad Boy: "Jim Thompson è attratto morbosamente dal perverso meccanismo che produce e materializza la paranoia. Un bozzolo di allucinazioni e manie di persecuzione che avviluppa lentamente il protagonista, senza lasciarci alcuna scappatoia, perché è lui e solo lui che può raccontarci cosa vede e cosa sente". A maggior ragione in Bad Boy dove narratore e protagonista coincidono con la stessa persona, e la storia è raccontata con un ritmo che non lascia mai un attimo di respiro: dall'infanzia ("Potrei parlare a lungo degli aspetti spiacevoli del vivere con i parenti, di abitare in una cittadina pettegola dove tutti sanno tutto della tua condizione e hanno poco altro di cui parlare. Ma ho meditato e rimuginato in altri libri, e anche fuori dai libri; qui mi limiterò a dire che esistono. Insieme a tutto il resto, spesso però sono riuscito a passare anche momenti meravigliosamente divertenti") all'età adulta ("Ogni notte, mentre rimuginavo sveglio nel letto, giuravo che avrei reso il giorno seguente diverso da quello appena trascorso. Ma dopo mi trovavo a trascorrerlo esattamente nello stesso modo del precedente. Tornavo alla burlesque house a sostituire la maschera, a vendere caramelle, a girare per le quinte con le ragazze del coro, sprecando ore d'oro che, una volta andate, non sarebbero mai più tornate") attraverso mille peripezie, l'autobiografia di Jim Thompson si legge come se fosse un'avventura spietata e senza morale. Il ritratto concreto e reale di qualcosa che il Bad Boy in questione, nonostante tutto, chiama ancora vita.

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