Sommozzatore professionista, a cui, per puro caso, tocca una scoperta in gran parte inspiegabile, Bobby Western ha un passato tumultuoso appesantito dalla zavorra del legame fortissimo e contorto con la sorella Alicia. La sua storia scorre in parallelo, anche se in realtà rivela soltanto “uno sterminio di fottuti misteri” e ospita una serie di presenze anomale, a partire dal Talidomide Kid, un essere deforme che la tormenta in continuazione, insieme a pupazzi meccanici parlanti e insolenti. L’ambientazione sudista e le strane progenie ricordano da vicino Thomas Pynchon di Mason & Dixon, ma forse non è un caso: quando Il passeggero parla di meccanica quantistica sembra un libro di Don DeLillo che ha deragliato ed è come se mezzo secolo di letteratura americana fosse collassato in un romanzo. Tutti i tecnicismi particolareggiati in eccesso, dai dettagli delle perforazioni petrolifere al tuning dei motori, sono una dimostrazione di forza non strettamente necessaria, e a tratti davvero ingombrante, che si incastra nel viaggio, che forse è più una fuga, di Bobby Western. Nei suoi incontri prende forma una danza di fantasmi che dovrebbero aiutarlo a ritrovare un’identità ancora in fase di definizione, oltre che a sopravvivere mentre un’oscura entità governativa gli sta dando la caccia, per quello che ha visto o non ha visto sul fondo del mare. Gli sbalzi paesaggistici, da New Orleans a Knoxville, dalle paludi alle highway desolate, dai boschi alle spiagge dell’oceano sono altrettante coordinate da osservare con attenzione visto, come scrive Cormac McCarthy, che è necessario “vengano contemplate le fondamenta del mondo poiché originano dal travaglio delle sue creature”. Il passeggero offre una scelta complessa di personaggi che siedono al tavolo con Bobby Western dedicandosi all’esegesi dei menù e delle carte du vin, nonché di divagazioni sorprendenti, dalle speculazioni filosofiche a una minuziosa ricostruzione dell’assassinio di JFK. L’effetto è straniante: non c’è il lirismo della Border Trilogy e nemmeno la tagliente essenzialità di La strada, per non dire l’epica di Meridiano di sangue. Il passeggero è “un cazzo di enigma”, dove i dialoghi scorrono incontrollati, con dozzine di citazioni perché “la lettura anche solo di qualche decina di libri costituisce un vincolo ben più potente del sangue”. È un concetto che viene ripetuto più volte, come ad affermare una sorta di naturale complicità, che però Il passeggero tende a eludere, contorcendosi tra il crudo impatto della realtà che perseguita Bobby Western (a cui gli agenti della riscossione bloccano persino i conti correnti) e le deviazioni nel mondo di Alicia che è tutt’altro che meraviglioso, anche se nei suoi contorni Cormac McCarthy trova degli inediti risvolti psichedelici. In effetti, Bobby Western non attraversa soltanto gli spazi americani, ma anche lunghi segmenti temporali che vanno dagli insediamenti dei pionieri alla realizzazione della bomba atomica con sbalzi nella lettura degni di un rimorchiatore nella tempesta. Quando qualcuno dice che “questo posto è tutt’altro che perfetto. Ma è quello che c’è”, il riferimento può essere applicato a una moltitudine di probabilità: un’intera nazione (con un bel po’ di incongruenze), una tavola calda, un rifugio nei boschi, un’amicizia, una svolta improvvisa, e al romanzo in sé. Le connessioni sono a carico del lettore: Il passeggero è inadempiente, e non solo perché è la conclusione avviene in separata sede, con un secondo romanzo, Stella Maris, ma perché, proprio come Bobby Western, sfugge a ogni collocazione e nel continuo movimento tra cercarsi e nascondersi, tra rivelarsi e celarsi dietro una maschera resta oscuro e fosco, come un’immersione nel Mississippi.
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