martedì 22 gennaio 2019

John Sinclair

Un “guerrigliero della poesia”, il deus ex machina degli MC5, il critico musicale capace di spendere pagine e pagine per Sun Ra (nonché di svenarsi per farlo suonare), l’attivista senza sosta a cui John Lennon ha dedicato una canzone, l’uomo libero capace di sogni di splendide svolte, suoni e visioni, l’ultimo beatnik: John Sinclair è stato ed è ancora tutto ciò e Va tutto bene. It's All Good è un ritratto che nonostante le ridotte misure del volume (neanche trecento pagine in formato tascabile) e la sua composita natura (ma già all’inizio viene spiegato che “va gustato e metabolizzato come un programma radiofonico”, ed è un’indicazione tutt’altro che superflua) offre una percezione piuttosto chiara del personaggio e soprattutto delle sue idee che, ormai una rarità, sono rimaste coerenti e cristalline nel tempo. In effetti, si tratta di una variopinta antologia degli scritti, dei discorsi, delle idee nonché delle passioni di John Sinclair che rivelano una trama comune e fondante, poi resa esplicita dalla quella rivendicazione, inequivocabile che recita così: “Abbiamo diritto ai nostri vizi & non sono fatti vostri, quello che facciamo”.  A partire dagli MC5, che, come dichiara nell’intervista compresa nell’introduzione a cura di Matteo Guarnaccia, nascono come entità politica piuttosto che come rock’n’roll band: “Con gli MC5 volevamo sovvertire il governo degli Stati Uniti, né più né meno, non certo ottenere un contratto discografico”. Agli MC5 è dedicato un corposo capitolo centrale, non senza qualche appunto polemico (“Trent’anni sono un periodo lungo per chiunque, soprattutto per vita impantanate in frustrazione, povertà e disperazione. Ma ogni tanto capita un piccolo miracolo, e di colpo tutto torna sulla rotta giusta e il futuro si apre su una nota nuova di zecca, e chi è riuscito a sopravvivere si ritrova al centro del palco, dove merita di stare”), ma John Sinclair si spende con altrettanta devozione per Jack Kerouac, Thelonious Monk, Iggy Pop, New Orleans o John Coltrane. A volte si tratta di saggi oppure recensioni o note di copertina di qualche disco o ancora trascrizioni di discorsi e incisioni, ma poi è la poesia, almeno nella forma più beat e beata a rappresentare il suo spirito libero e allora Va tutto bene. It’s All Good serve “per continuare a tenere su la testa & saldo il cuore, per proseguire i miei viaggi & continuare la lotta, per ancora un nuovo anno, portare le mie piccole poesie & un forte e intenso sguardo sul mondo in ogni luogo in cui la gente vorrà ospitarmi”. Tra un poesia e l’altra (compresa una piccola e perfetta autobiografia in versi, Capita tutto a me), un discorso contro le guerre e a favore dell'immaginazione (“La verità è che possiamo muoverci fino a dove ci porterà la nostra immaginazione”) John Sinclair trova anche il modo di raccontare la sua (e nostra) America perché “è stata la cultura di strada a far grande l’America, e quando la vita rimane sulle strade, là ci sarà sempre grande musica, grande poesia, grande pittura, grande arte d’ogni genere, a riflettere e restituire alla gente di strada energia e vivacità”. Un grande sognatore. 

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