giovedì 29 dicembre 2011

Sandra Cisneros

La casa di Mango Street vede e mostra la formazione di una bambina che diventa donna che cresce nelle strade e sopravvive e diventa grande sfidando, lottando e confrontandosi con la durezza della vita urbana, le fatiche di una famiglia intera e le difficoltà di quello che è a tutti gli effetti un esilio. La scrittura per Esperanza alias Sandra Cisneros nella casa di Mango Street non è un gioco e non è una velleità artistica: è un bisogno urgente e un’arma per rispondere colpo su colpo nella lotta quotidiana. “Non smettere di scrivere. Così resterai libera”: come gli dirà la zia Guadalupe, “una piccola ostrica, un pezzetto di carne in una conchiglia aperta sotto i nostri occhi”, la scrittura serve a scegliersi un nome tra mille possibilità, una lingua, a sopportare “canzoni che sembrano singhiozzi” e credere che “i libri sono una cosa meravigliosa”. La casa di Mango Street è un posto di osservazione privilegiato, pur essendo confinato in una zona circondata dalle frontiere invisibili dell’ignoranza e della diffidenza. Scrive Esperanza: “Quelli che non sanno un accidenti entrano nel nostro quartiere spaventati. Pensano che siamo pericolosi. Pensano che li attaccheremo con coltelli scintillanti. Sono solo degli stupidi che si sono persi e sono capitati qui per sbaglio”. Lei e la sua famiglia non ci sono arrivati per errore: La casa in Mango Street è soltanto l’ultima tappa di una lunga serie di viaggi e traslochi attraverso l’America in cerca di un lavoro, di un posto, di una vita. Una condizione riassunta così: “Non si può mai avere troppo cielo. Ci si può addormentare e svegliare ubriachi di cielo e il cielo ci può far sentire al sicuro quando si è tristi. Qui di tristezza ce n’è troppa e di cielo non abbastanza. Le farfalle sono scarse come pure i fiori e la maggior parte delle cose belle. Eppure, ci accontentiamo di quello che ci tocca e cerchiamo di arrangiarci”. La casa di Mango Street racconta i modi di rendere semplici “le cose”, in un posto dove niente è semplice. In effetti è un romanzo dal formato strano, costruito attorno a schegge preziose e cristalline: scorrono come brevi e illuminanti flash, fotogrammi che sembrano incisi, pagina dopo pagina, nella memoria e trascritti con uno stile essenziale, e comunque coloratissimo e potente perché Sandra Cisneros racconta “storie del pensiero”, trasforma la metamorfosi di un’adolescente (“Voglio essere tutta nuova e brillante. Voglio sedermi scomposta di sera, con un ragazzo avvinghiato al collo e il vento sotto la gonna. Non come adesso, a parlare con gli alberi tutte le sere, affacciata alla finestra a immaginare quello che non vedo”) nella ribellione di una donna (“Ho cominciato la mia silenziosa guerra personale. E’ semplice e sicura. Io sono quella che si alza da tavola come un uomo, senza sparecchiare o rimettere la sedia a posto”). La casa di Mango Street resterà un ricordo perché Esperanza sogna “solo un casa silenziosa come la neve, uno spazio in cui rifugiarmi, pulita come la carta prima di scriverci una poesia” e la troverà proprio così, passando per lo spazio bianco in cui inventarsi una vita.

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