domenica 29 maggio 2011

Philip Roth

C’è stato un momento nella storia degli Stati Uniti d’America in cui Charles Lindbergh, il leggendario aviatore che attraversò l’Atlantico, godeva di una popolarità enorme e da quel palcoscenico gettò nel panico intere comunità con discorsi ambigui, se non di provate simpatie naziste. Il complotto contro l’America è costruito su un presupposto storico fittizio, Charles Lindbergh eletto presidente degli Stati Uniti d’America, ed è un gioco di specchi deformanti e instabili che vertono attorno a un’incognita. La sua complessità nasce da quel grumo congenito, una temeraria trasformazione della realtà per provare a raccontarne un’altra, o forse sarebbe meglio dire un incubo. Può un pretesto storico frutto della fantasia reggere sulla distanza? Il complotto contro l’America è, per certi versi, un grido di dolore nei confronti di un senso di minaccia incombente. Lo scenario che dipana è frutto della condizione americana agli inizi di questo secolo, una cappa di paranoia e paura. “Il nostro paese è in pace. La nostra gente è al lavoro. I nostri figli sono a scuola” eppure c’è qualcosa che è sempre sul punto di esplodere in quella calma apparente. Sono i particolari della vita quotidiana a scoprire le vere trame del complotto contro l’America, a mostrare come incidono certe tensioni nella vita e nei rapporti di tutti i giorni perché “la storia è tutto ciò che accade dappertutto”. Basta una dichiarazione o un appuntamento ufficiale per scatenare Il complotto contro l’America: “Lo svolgersi dell’imprevisto era tutto. Preso alla rovescia, l’implacabile imprevisto era quello che noi a scuola studiavamo col nome di storia, la storia inoffensiva dove tutto ciò che nel suo tempo è inaspettato, sulla pagina risulta inevitabile. Il terrore dell’imprevisto: ecco quello che la scienza della storia nasconde, trasformando un disastro in un’epopea”. Nella patria dei liberi la condizione è imbarazzante, pericolosa e cupa. La paura invece della speranza diventa l’argomento quotidiano ed è vero che “nessuna infanzia è priva di terrori”, ma su Newark il quartiere dove vive cala un sudario di angoscia. Il destino degli ebrei, in Europa, è segnato e convivere con un presidente antisemita e filonazista è una missione che ha i tratti dell’ordalia. In effetti Il complotto contro l’America è per certi versi un grido di dolore nei confronti di una minaccia costante che riaffiora dal passato, quel passato che non passa mai. L’atmosfera plumbea che si forma pagina per pagina è il tono determinante del complotto contro l’America ed è una visione che nasce per osmosi con la realtà perché anche un scrittore minuzioso e fuori dagli schemi come Philip Roth non è impermeabile e Il complotto contro l’America è un modo per spiegare il presente, e forse il futuro, rileggendo il passato. Con uno sguardo speciale perché “è straziante la violenza, quando scoppia in una casa: come vedere i vestiti su un albero dopo un’esplosione. Puoi essere pronto a vedere la morte, ma non i vestiti sull’albero”. Ecco, cosa fa la differenza.

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