martedì 5 aprile 2011

Peter Matthiessen

E’ un lungo excursus sulla storia delle vessazioni subite dal popolo nativo americano dalla colonizzazione dell’America alla creazione delle riserve. La reazione fiera, dignitosa è Nello spirito di Cavallo Pazzo, come dice il titolo e come viene espresso e articolato più avanti: “Noi non vi ostacoliamo, e ancora ci chiedete perché non ci civilizziamo. Non vogliamo la vostra civiltà. Vogliamo vivere come i nostri padri”. E’ il nucleo della saggezza lakota, la forza di una tradizione affondata nei tempi e nei rituali, il riconoscersi di un popolo a cui, per motivi più o meno velati (dai contrasti geografici alle necessità economiche) la civiltà occidentale ha opposto una strenua resistenza, tanto dispendiosa (in tutti i sensi) quanto inutile. Nello spirito di Cavallo Pazzo non lo dice in modo chiaro, perché Peter Matthiessen è un narratore abbastanza abile da sapere che se vuole rivelare qualcosa, lo deve nascondere, ma ci sono tutti gli strumenti per capire: non sono gli indiani a dover resistere ai continui attacchi dell’FBI, del generale degrado, degli interessi (più o meno puliti) dell’industria e del commercio, della violenza e della corruzione. E’ il mondo dei cosiddetti americani, inserito in una folle spirale di decadenza e autodistruzione che deve continuamente riciciclarsi, a discapito delle minoranze di ogni tipo per non accasciarsi su se stesso. Si giunge a questa conclusione dopo le trecentocinquanta pagine circa di Nello spirito di Cavallo Pazzo e non per difendere un partito preso o una romantica (spesso comoda) posizione da perdenti. Spulciando nella fitta serie di eventi, date, documenti, processi e verbali (la vicenda ruota essenzialmente attorno alla sparatoria di Oglala in cui vennero uccisi due federali e alla successiva, imponente caccia all’uomo, il tutto poi ripreso, come si sa, da Michael Apted) è evidente che alla volontà indiana di difendere la propria gente, lo stato di diritto degli Stati Uniti oppose, oltre a una durissima reazione militare, un’infinita serie di complotti, falsificazioni, intrighi politici ed economici atti a ribaltare gli estremi del caso giudiziario. Scoperti da Nello spirito di Cavallo Pazzo che, non a caso, subì gravissime censure e dovette attraversare un paio di processi per calunnie intentati dall’FBI e dal governatore del South Dakota. Per inciso, la Viking, primo editore, ebbe un danno intorno ai due milioni di dollari per il ritiro dalle librerie e per l’impossibilità di tradurre il libro all’estero, ma qui c’è un fondo di verità. Sia l’autore, Peter Matthiessen (detective serio e arguto racconta con la precisione di un’inchiesta e la fluidità di un romanzo), sia la Viking vennero assolti con formula piena in tutti i gradi del cammino della giustizia. A sbagliare, quindi, deve essere stato qualcun altro e la storia raccontata Peter Matthiessen dovrebbe far riflettere, tanto per i nativi americani, quanto per gli aborigeni australiani, le popolazioni indigene africane o amazzoniche e migliaia di altre etnie di figli della terra che rischiano l’estinzione. E noi con loro.

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