Uno strano ladro si
aggira sulle colline di Hollywood. Entra nelle ville lasciando
pochissime tracce, fruga tra la biancheria intima, non ruba niente (o
quasi). Un po’ esibizionista, un po’ voyeur, in questo non molto
diverso da gran parte della città, abusa delle sue vittime dopo
averle stordite con dardi avvelenati. Il caso sembra confezionato
apposta per Rick Jenson perché lo riporta indietro nel tempo, nel
1965, quando dovette affrontare il cadavere di Stephanie Gorman.
Inevitabile il ricorso all’adorabile attrice, amica e amante, Donna
Donahue che, interpellata a proposito dello Scasso con stupro,
risponde: “Mi annoio e ci penso. La settimana scorsa il mio agente
mi ha spedito un soggetto. Dovrei fare una poliziotta che fuori
servizio è un serial killer. Uccido le mogli dei miei ex, e godo a
mutilarne i corpi. Come fai a rispondere che non puoi accettare la
parte perché hai ammazzato tre tizi nel 1983, e che certe cose ti
terrorizzano e certe cose non ti lasciano più?”. La domanda è
retorica, anche perché nel frattempo Donna è tormentata dalla
corrispondenza epistolare (a senso unico, va da sé) di un fan che ha
ormai svoltato con decisione nella direzione del maniaco. La
“congiuntura di concomitanze”, come la chiama James Ellroy,
proietta Rick Jenson e Donna Donahue in un inferno di ambiguità,
dove Hollywood, ovvero il cinema, e l’instabile natura di Los
Angeles si alimentano a vicenda. Troveranno un’attrice, Megan More,
con un corpo che è diventato “opera d’arte certificata da chissà
quale chirurgo”, poliziotti corrotti e confusi da “essenze di
sesso come metanfetamina dritta in vena”, un sottobosco affollato
da “parassiti del porno”, tutto un mondo di ammiccamenti,
illazioni, segreti, sotterfugi, bugie e rivelazioni in cui “la
paranoia penetrò in profondità”. E’ soltanto lì che si può
aggirare e si può scovare qualcuno affamato di feticci, di
illusioni, di sensazioni effimere e morbose. Tra “culmini,
coincidenze, collegamenti”, che distingueranno una lunga e
immancabile scia di sangue, Rick Jenson sa fin dall’inizio che
“avrebbe veleggiato verso la vendetta”. L’atmosfera torbida è
resa palpabile da James Ellroy attraverso la deformazione degli eventi
“legati al linguaggio che piroetta da queste pagine”. Le
contorsioni stilistiche riflettono il dedalo di strade e di cul de sac
che formano Los Angeles, la sua indefinita natura di città, e di
“metropoli centrifuga”, come l’ha definita Jean Baudrillard in
America, si propagano nel frammentario turbinio di James Ellroy, nelle
sue frasi spezzate e sincopate, nei vocaboli rosicchiati e storpiati,
non di rado negli epiteti razzisti. L’incontinenza verbale di James
Ellroy non ha bisogno di ulteriori presentazioni: le allitterazioni
continue si svolgono in una sorta di rap senza sosta, le parole
scorticate, incastrate l’una nell’altra in un ritmo contagioso,
frenetico e assurdo quanto geniale, nel riproporre il gergo della
street life. Più racconto che romanzo compiuto, Scasso con stupro è
buon riassunto delle ossessioni di James Ellroy, non esaustivo, non
definitivo, e da incastrare tra gli episodi precedenti (e quelli successivi), ma pur sempre avvincente.
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