lunedì 22 maggio 2017

James Ellroy

Uno strano ladro si aggira sulle colline di Hollywood. Entra nelle ville lasciando pochissime tracce, fruga tra la biancheria intima, non ruba niente (o quasi). Un po’ esibizionista, un po’ voyeur, in questo non molto diverso da gran parte della città, abusa delle sue vittime dopo averle stordite con dardi avvelenati. Il caso sembra confezionato apposta per Rick Jenson perché lo riporta indietro nel tempo, nel 1965, quando dovette affrontare il cadavere di Stephanie Gorman. Inevitabile il ricorso all’adorabile attrice, amica e amante, Donna Donahue che, interpellata a proposito dello Scasso con stupro, risponde: “Mi annoio e ci penso. La settimana scorsa il mio agente mi ha spedito un soggetto. Dovrei fare una poliziotta che fuori servizio è un serial killer. Uccido le mogli dei miei ex, e godo a mutilarne i corpi. Come fai a rispondere che non puoi accettare la parte perché hai ammazzato tre tizi nel 1983, e che certe cose ti terrorizzano e certe cose non ti lasciano più?”. La domanda è retorica, anche perché nel frattempo Donna è tormentata dalla corrispondenza epistolare (a senso unico, va da sé) di un fan che ha ormai svoltato con decisione nella direzione del maniaco. La “congiuntura di concomitanze”, come la chiama James Ellroy, proietta Rick Jenson e Donna Donahue in un inferno di ambiguità, dove Hollywood, ovvero il cinema, e l’instabile natura di Los Angeles si alimentano a vicenda. Troveranno un’attrice, Megan More, con un corpo che è diventato “opera d’arte certificata da chissà quale chirurgo”, poliziotti corrotti e confusi da “essenze di sesso come metanfetamina dritta in vena”, un sottobosco affollato da “parassiti del porno”, tutto un mondo di ammiccamenti, illazioni, segreti, sotterfugi, bugie e rivelazioni in cui “la paranoia penetrò in profondità”. E’ soltanto lì che si può aggirare e si può scovare qualcuno affamato di feticci, di illusioni, di sensazioni effimere e morbose. Tra “culmini, coincidenze, collegamenti”, che distingueranno una lunga e immancabile scia di sangue, Rick Jenson sa fin dall’inizio che “avrebbe veleggiato verso la vendetta”. L’atmosfera torbida è resa palpabile da James Ellroy attraverso la deformazione degli eventi “legati al linguaggio che piroetta da queste pagine”. Le contorsioni stilistiche riflettono il dedalo di strade e di cul de sac che formano Los Angeles, la sua indefinita natura di città, e di “metropoli centrifuga”, come l’ha definita Jean Baudrillard in America, si propagano nel frammentario turbinio di James Ellroy, nelle sue frasi spezzate e sincopate, nei vocaboli rosicchiati e storpiati, non di rado negli epiteti razzisti. L’incontinenza verbale di James Ellroy non ha bisogno di ulteriori presentazioni: le allitterazioni continue si svolgono in una sorta di rap senza sosta, le parole scorticate, incastrate l’una nell’altra in un ritmo contagioso, frenetico e assurdo quanto geniale, nel riproporre il gergo della street life. Più racconto che romanzo compiuto, Scasso con stupro è buon riassunto delle ossessioni di James Ellroy, non esaustivo, non definitivo, e da incastrare tra gli episodi precedenti (e quelli successivi), ma pur sempre avvincente.

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