Bob Dubois ha
un’innata predisposizione da loser: non c’è una mossa sbagliata che non riesce
a evitare per arroganza, per incapacità, per frustrazione, perché segue più il
suo uccello del suo cervello. Aggiusta caldaie nel New Hampshire fino a quando
non trascina la moglie e la famiglia in Florida, dal fratello Eddie, in cerca
di una versione più scintillante del sogno americano. In realtà Bob Dubois
fugge dal gelo, dalla monotonia della provincia, dove “niente sembra migliore
rispetto a ieri”, dai suoi piccoli sotterfugi. Non può scappare da se stesso e
la sua vita è proprio una ben misera Atlantide, destinata ad essere spazzata
via dagli eventi, “così lontano dalle cose vere” perché sempre votata ad altre
soluzioni: ipotetiche, fantastiche, un tiro di dadi, un colpo di fortuna.
Vanise Dorsinville (con il figlio e un nipote) invece si è lascia alle spalle
Haiti, spinta dal naturale e spontaneo istinto per la sopravvivenza. La
deriva dei continenti è
un’anomala ellisse in cui Bob Dubois e Vanise Dorsinville sono i fuochi:
attorno a loro si sviluppa un coro tragico dove nessuno è innocente e tutti
hanno qualcosa da nascondere. Quando Bob Dubois assume l’incarico di guidare
una barca per recuperare i migranti di Haiti, la distanza tra i due fuochi si
azzera e l’ellisse si schianta con una violenza inaudita. La deriva dei
continenti di Russell
Banks si incrocia nell’incognita dell’oceano Atlantico, dove le rotte delle
migrazioni di Bob Dubois (per noia e per assuefazione) e Vanise (per fame e per
disperazione) si intersecano in un destino fatale. Ci vogliono le parole del
Nobel dei Caraibi, Derek Walcott, per capire il senso e il peso del dramma:
“Certe cose non le scegliamo noi, ma siamo quello che abbiamo fatto. Soffriamo,
gli anni passano, lasciamo tante cose per via, fuorché il bisogno di fardelli.
L’amore è una pietra che si è posata sul fondo del mare sotto acqua grigia”. La
rappresentazione poetica racchiude in poche righe tutta La deriva dei
continenti: quando due
disperazioni si incrociano, la tragedia è inevitabile e Bob Dubois trova la sua
nemesi, spietata, senza appello. Anche nel suo florilegio stilistico, Russell
Banks non concede nulla ai protagonisti del suo portentoso affresco “perché
hanno fatto una cosa tremenda e spaventosa: hanno barattato una vita per
un’altra e questa nuova vita è adesso l’unica che hanno”. Le rotte tracciano
due punti di domanda che si riflettono e s’intrecciano e che nelle loro scie si
portano dietro miti, leggende e costruzioni. Per Bob Dubois sono tutti gli
orpelli americani, la birra, le sigarette, la televisione, i conti da pagare. A
Vanise Dorsinville basta il voodoo, ”lunghi richiami tremanti, vecchi quanto il
desiderio della specie umana di segnalare la propria presenza, vecchi quanto la
solitudine e la paura”. In mezzo c’è l’oceano, la notte, l’oscurità, un’odissea nelle tenebre in cui le due
metà collidono senza incontrarsi: La deriva dei continenti e quella degli esseri umani è proprio
così. Un capolavoro, con l’aggiunta di un titolo perfetto.
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