martedì 2 ottobre 2012

Don Winslow

Il quadro geopolitico sembra quello di ieri e di oggi visto che nell’estremo quadrante orientale si gioca un intricato confronto tra Cina, Unione Sovietica e Stati Uniti. Il periodo storico è ancora più convulso, dato che si tratta degli anni successivi alla seconda guerra mondiale, con l’eco di due attacchi nucleari ancora nell’aria: il dominio francese nell’allora Indocina è agli sgoccioli, gli americani si apprestano al cambio di stagione e così fan tutti, dai mafiosi corsi ai ribelli. E’ in questo brulicante caos che Don Winslow spedisce Nikolaj Hel, personaggio pescato e rivisto da Shibumi o Il ritorno delle gru di Trevanian alias Rodney William Whitaker. Un omaggio estrapolato da un saga ben più sinuosa (anche soltanto da un’angolazione cronologica: Shibumi attraversa mezzo secolo, dal 1930 al 1980) che Don Winslow interpreta con grande classe. Nikolaj Hel, già condannato e torturato dagli agenti americani per aver ucciso il generale Kishikawa, viene incaricato di compiere una missione a Pechino, destinata a cambiare l’equilibrio di tutta l’area. “Assassinio è una brutta parola, ma gli elementi fondamentali dell’accordo sono corretti, sì” gli dice Haverford, l’uomo della CIA che gli sta davanti, e in cambio riavrà la sua libertà. Nikolaj Hel non ha alternative: i motivi della morte del generale Kishikawa sono incomprensibili per gli americani e Solange, l’istruttrice che gli hanno destinato per imparare la sua nuova identità, oltre al francese (la lingua, la cucina, lo stile), gli fa conoscere i dettagli non trascurabili del sesso prima e dell’amore poi. Lui si ritrova nell’insegnamento del suo maestro, Kishikawa-san: “Mai prendere il considerazione la possibilità di riuscire, solo l’impossibilità di fallire”. Lei è convinta che “alla fine, esistono solo cibo, vino, sesso e bambini. Sono queste le cose che interessano a tutti. Il resto sono stupidi giochi tra maschi”. Sempre pericolosi, perché è così che l’adrenalina e le endorfine scorrono nelle vene, se non si ha la pazienza e la premura di accorgersi del Satori, ovvero “l’improvviso risveglio, la comprensione della vita come realmente è. Esso non giungeva come risultato della meditazione o del pensiero consapevole, ma poteva arrivare col sussurro del vento, lo scoppiettio di una fiamma, il cadere di una foglia”. Don Winslow è un abile giocatore e Satori si destreggia tra il go e gli scacchi, il fumetto e il cinema, le arti marziali e la spy story, la (buona) cucina e la lirica con un colpo di scena dopo l’altro. L’attitudine è pop, senza dubbio, ed è quella giusta perché Satori riesce a tenere insieme molti linguaggi diversi, e tutti mescolati per ottenere svolte e sorprese ben incise nel solco della storia. La costruzione stessa dei personaggi, l’accellerazione costante del ritmo, persino il convulso finale funzionano così e prendono il lettore come una mossa di hoda korosu, l’arte di uccidere senza armi in cui eccelle Nicolaj Hel. Un remake (o una cover) particolarmente riuscito, visto che Don Winslow si appropria della storia, o meglio di una parte della storia, e ci costruisce il suo personalissimo Satori

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