I protagonisti delle short stories di Rock Springs sono sempre in mezzo, “dove c’è l’azione” direbbe Sam Shepard, con cui hanno un certo grado di parentela. Con una differenza sostanziale: mentre nel caso di Sam Shepard l’azione è spesso (o quasi sempre) il viaggio, nei racconti di Rock Springs i passaggi esistenziali sono sottolineati in gran parte dall’immobilità come quella raccontata dal protagonista alla fine di La preda: “E mentre stavo lì disteso a fumare in quella luce grigia, mentre il frigo ronzava e i ferrovieri dello scalo smistavano le carrozze e le agganciavano, pensavo che, anche se la mia vita in quel momento sembrava aver preso una brutta piega ed essersi fermata, come vita, per me, essa significava ancora qualcosa, e non sarebbe passato molto tempo prima che ricominciasse in qualche maniera promettente”. Le short stories di Richard Ford sono pervase da una calma apparente, che appartiene più al tono che ai temi. Le vite raccontate da Richard Ford sono piuttosto turbolente o indefinite, nel migliore dei casi, e se c’è una speranza va proprio cercata nell’atmosfera che riesce a creare Richard Ford. E’ quel riflettere a voce alta attraverso i pensieri dei suoi personaggi che all’epoca si era già distinto in Sportswriter, coetaneo delle short stories di Rock Springs (rispettivamente 1986 e 1987). Molti dei personaggi sono vicini per le condizioni e l’umore a Frank Bascombe, a partire da quello che conclude Amore con una definizione azzeccata del titolo e del suo significato: “Sapevo cos’era l’amore e sapevo di che si trattava. Si trattava di non inguaiarsi e di non inguaiare nessuno. Si trattava di non lasciare una donna per il pensiero di un’altra. Si trattava di non essere mai in quel posto dove dicevi che non saresti stato mai. E si trattava di non essere mai solo. Mai. Mai”. Tutti, in Rock Springs, sembrano tormentati dall’amore e dalla vita e si pongono un sacco di domande, forse troppe, perché la conclusione di Great Falls, un titolo questa volta ambivalente, è lapidaria: “Anche se forse è, la risposta, semplice: è la vita, la mediocrità della vita, una freddezza che c’è in ognuno di noi, un’impotenza che ci porta a fraintendere la vita quando è pura e semplice, che fa sembrare la nostra esistenza un confine tra due nulla, e che ci fa essere né più e né meno come animali che s’incontrino per la strada: guardinghi, inesorabili, privi di pazienza e di desiderio”. Le influenze di Raymond Carver e John Cheever, tanto per cominciare, sono alle spalle e Richard Ford ha ormai trovato un mood informale e personale, più vicino allo storyteller e al songwriter che allo scrittore tout court. Le storie di Rock Springs, proprio a partire dal tono colloquiale, hanno molti punti di contatto con le ballate springsteeniane. Legame che diventerà chiarissimo al momento di dare un successore a Sportswriter, che Richard Ford non avrà alcun timore a chiamare Il giorno dell’indipendenza, proprio come la grandiosa ballata di The River, e non è proprio una coincidenza, anzi.
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