Dopo aver camminato lungo e fiumi e prima di ritirarsi a Walden, H. D. Thoreau colse l’occasione per esprimersi contro l’ennesima guerra americana (quella contro il Messico che tracimerà in orrori inauditi) per scrivere le pagine memorabili e fondamentali considerando i suoi lettori “prima di tutto uomini, e poi cittadini”. La distinzione iniziale e principale è la linea che traccia Disobbedienza civile perché “in nome dell’ordine e del governo civile, siamo tutti costretti, alla fine, a sostenere la nostra stessa meschinità e a renderle omaggio”. H. D. Thoreau pone le basi per una riflessione sempre pertinente e ancora attuale sulla distanza tra il governo e la realtà. Le sue osservazioni non partono da una visione anarcoide, piuttosto da una diversa percezione dei desideri e delle necessità che confluirà nel pensiero di Walden proprio a partire dalla Disobbedienza civile in cui dice: “Dovete affittare o occupare un posto da qualche parte, far crescere soltanto un piccolo raccolto, e mangiarlo subito. Dovete vivere la vostra vita interiore, contare su voi stessi, rimboccandovi le sempre le maniche, pronti a ricominciare, senza occuparvi di troppe faccende”. Il governo, qualsiasi governo, è ridimensionato non solo perché “è, nella migliore delle ipotesi, solo un espediente”, e spesso e volentieri un espediente inutile. L’essenza della Disobbedienza civile, come la spiega H. D. Thoreau genera una distanza di sicurezza dalle istituzioni perché l’autorità, anche nel caso di rapporti e legami che non presentano caratteristiche conflittuali “è ancora impura: per essere pienamente giusta, deve avere l’approvazione e il consenso dei governati. Non può avere diritti sulla mia persona o proprietà, al di fuori di quelli che io le concedo”. Fin qui, la Disobbedienza civile potrebbe essere, come è stata e come sarà ancora per qualche secolo, fonte di discussione e di aggiornamento per le giurisprudenze e le scienze politiche e anche per quei legislatori che “non hanno ancora imparato il mutuo valore del libero scambio e della libertà, dell’unione e dell’onestà, per una nazione”. Resta l’assunto, unico e ineludibile, per cui non è scontata l’acquiescenza nei confronti delle istituzioni, delle regole imposte e lasciate cadere dall’alto, del muto assenso scambiato per consenso. H. D. Thoreau va oltre, rimettendo la natura dell’uomo e delle sue possibilità, che sono infinite rispetto a quelle dei governi, al centro della sua vita. Senza possibilità di errore, un passaggio chiarissimo di Disobeddienza civile, che per inciso apre un varco verso Walden, proclama: “In ogni caso, il governo non mi interessa un granché, e gli dedicherò meno pensieri possibili. Non sono molti i momenti in cui vivo sotto un governo, persino in questo mondo. Se un uomo è libero nel pensiero, nella fantasia, nell’immaginazione, in modo tale che ciò che non è non gli appare mai per molto tempo come ciò che è, non è detto che governanti o riformatori stolti riescano a ostacolarlo”. Sembra scritto ieri o oggi, eppure la chiamano ancora utopia.
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