Un
oggetto misterioso, una sequenza di racconti più che un romanzo a
tappe, degna degli appunti presi per sopravvivere durante il Rolling
Thunder. Forse la chiave di lettura è proprio lì perché La
luna del falco è
un libro (che è difficile definire come o cosa) che in realtà è un
magnifico e appassionato (se non il più appassionato in assoluto)
omaggio al rock’n’roll. A giudicare dall’inizio e dalla
conclusione, nella wilderness e con le leggende dei nativi nell’aria,
sembrebbe più uno dei viaggi “attraverso” di Sam Shepard
incollato al volante e ai suoi pensieri ed “ecco cosa succede
quando guidi sui percorsi lunghi, specialmente se sei solo. Guidare
da solo consiste principalmente nel restar seduti e spostarsi insieme
alla strada. E’ un tipo d’azione piuttosto stazionaria ma la
macchina continua a muoversi mentre tu te stai seduto e ti si
addormentano i piedi. La tua mente corre via come il motore, una
cinepresa impazzita, ma il corpo resta al posto suo. Questo è il
guidare”. L’argomentazione non è ripetitiva perché in questo
caso vale la pena di ricordare che, come diceva Henry Miller in Big
Sur e le arance di Hieronymous Bosch, “la
nostra meta non è mai stata un luogo, piuttosto un nuovo modo di
vedere le cose”. La
luna del falco è
visionario, frammentario, rapido e tagliente come può esserlo solo
il rock’n’roll: caotico e brillante. Una collezione di istantanee
“on the road” che infila una sequenza con un ordine tutto suo
composto dai paesaggi into
the great wide open ai
Rolling Stones da rituali ancestrali ai cicli moderni, per non dire
della Beat Generation. Se sei sulla
strada,
non si può dimenticare Jack Kerouac: “Un dolore come una pugnalata
allo stomaco. Jack Kerouac è morto così. Canadese del Quebec. Io
sono diretto in Canada. Patria di Jack. Il suo stomaco esplose e
sanguinò per via degli eccessi. Io sono tre giorni che non bevo un
goccio. Forse ho bisogno di un cicchetto”. Tanto per cambiare, ma
in un viaggio “è in mezzo che c’è l’azione” e l’azione è
il rock’n’roll o meglio Keith Richard (qui scritto al singolare
perché sono due nomi propri, invece di nome e cognome) in mezzo c’è
il ritmo (Keith Moon e Ginger Baker), c’è la rivoluzione (l’unica,
vera rivoluzione del ventesimo secolo) di cui Sam Shepard scrive
(almeno) due immaginifiche apologie, ovvero Rip
It Up e Ritmo.
Il rock’n’roll è l’unica certezza perché nel resto, sembra di
sentirlo Sam Shepard, “tanto vale dirlo, sappiamo ben poco del
quadro totale, e questa è la verità”. Poco importa perché nel
periodo della Luna
del falco “i
segreti incominciano a sussurrare” e Sam Shepard ha trovato un modo
unico di raccontarli. Un modello di scrittura particolarissimo e
risoluto che coltiva l’immagine come punto di riferimento, che
costruisce “attraverso” lo sguardo d’insieme. Ed è molto
“americana”: immediata, pragmatica chiara e nello stesso tempo
caleidoscopica e psichedelica, la voce di Sam Shepard mantiene La
luna del falco un
diamante puro e grezzo anche a distanza di anni e in quello c’è
ancora tutto il suo grande fascino.
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