lunedì 13 dicembre 2010

John Cage

Se uno scrittore si misura dalla proprietà del linguaggio, dall’essenza con cui articola le idee, dal grado di creatività e di coraggio con cui si inventa uno stile, John Cage è un grande scrittore. Va da sé che in una normale biografia sarebbe conosciuto (solo) come musicista, ma Silenzio rivela un pensatore capace di alternare i piani di lettura e di influire in modo molto incisivo sulla scrittura. Lo scompaginamento, il disorientamento e le provocazioni sono continue, eppure legate tra loro da un’anedottica degna dei migliori storyteller, ma non è questo lo snodo principale, anche se molte, se non tutte, delle storie che racconta a pié di pagina sono pregevoli. E’ la coscienza di una sintesi tra le forme e la loro evoluzione che John Cage spiega con l’associazione tra grazia e chiarezza: “La grazia forma un binomio inscindibile con la chiarezza della struttura ritmica. Insieme intrattengono un rapporto simile a quello di anima e corpo. La chiarezza è fredda, matematica, disumana. La grazia è calda, incalcolabile, umana opposta alla chiarezza e simile all’aria”. Tenendo fede a questo limpido mandato, John Cage riesce a trasmettere con rara chiarezza e altrettante grazia anche idee, concetti, provocazioni piuttosto complessi, senza perdere il gusto del nonsense, degli haiku (“Possiamo volare soltanto se siamo disposti a smettere di camminare”), dell’ironia. Con tutta una sua concezione della prosa e della poesia che teorizza così: “La poesia non si differenzia dalla prosa soltanto perché è formalizzata in un modo o nell’altro. Non è poesia a causa del contenuto o per la sua ambiguità, bensì perché permette agli elementi musicali (il tempo, la sonorità) di entrare nel mondo delle parole”. Anche l’uso delle pagine, delle righe e delle colonne, della punteggiatura è uno stimolo, ed è uno stile. Sulle conferenze, i suggerimenti e le lezioni ci si può ragionare altrove (qui siamo più prosaici e meno rigorosi rispetto alle vibrazioni musicali, anche se condividiamo il suo pensiero quando dice: “La musica è edificante perché di tanto in tanto fa lavorare l’anima. L’anima è l’agglutinante di elementi disparati e il suo lavorio di riempie di pace e amore”) ma anche nelle dissertazioni più avant-garde John Cage ha tutto un suo modo di spiegare e raccontare. Superando anche i luoghi comuni della sperimentazione e delle estrapolazioni (linguistiche o musicali) perché “una persona non fa solo un esperimento, ma quanto va fatto. Con questo intendo dire che uno con le sue azioni non cerca soldi ma quanto va fatto, non cerca con le se azioni di ottenere la fama (il successo) ma quanto va fatto, non cerca il piacere dei sensi (la bellezza) ma quanto va fatto, non cerca con le sue azioni di fondare una scuola (la verità) ma quanto va fatto”. Nelle sue pagine sghembe, curiose, divertite e Silenzio racchiude l’autobiografia di un genio musicale (“Abbiamo occhi quanto orecchie, e finché siamo vivi siamo tenuti ad adoperarli”) così come di un brillante filosofo (“E’ per questo che amo la filosofia: non vince mai nessuno”) che solo un grande scrittore poteva tenere insieme. 

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