domenica 2 settembre 2018

Francis Scott Fitzgerald

Il “luminoso mondo azzurro” della costa provenzale è un polo magnetico per “un’esaltazione che pareva riflettere tutta l’esaltazione del mondo”. Nella tregua tra una guerra e l’altra “pareva che non ci fosse vita in tutto questo tratto di costa tranne sotto la luce filtrata di quegli ombrelloni, dove qualcosa avveniva tra il colore e il brusio”. All’inizio sulla riva francese del Mediterraneo è “una successione infinita di magnifiche possibilità”: Dick e Nicole Diver sono al centro di ogni attenzione, i prototipi di quella che Fitzgerald chiama “l’evoluzione massima di una classe”, che, almeno in apparenza, pare non aver un problema che sia uno. L’ideale proclama di  una generazione è dell’iperbolico Dick Diver: “Voglio fare una festa proprio sconveniente. Proprio così. Voglio fare una festa con risse e seduzioni e gente che torna a casa offesa, e donne assassinate del cabinet de toilette. Aspetta e vedrai”. La moglie acconsente e condivide, coadiuvata da uno stuolo di camerieri, autisti, baby sitter, nonché da un plotone di amici e conoscenti. Sono “affascinanti figure di un balletto” che interpretano “un minimo di dramma”, definizione riduttiva e sibillina, visto che la trama è inestricabile dalla realtà di Scott e Zelda Fitzgerald e in un certo senso la sublima: Tenera è la notte è pervicace, ossessivo, martellante anche se la vita dei suoi disperati eroi, eroine e reprobi si trastulla con un vuoto (morale) micidiale. Scorre un fiume di alcol che “rendeva le felici cose passate contemporanee al presente, come se stessero ancora avvenendo, contemporanee persino al futuro, come se stessero per accadere di nuovo” e nelle sue continue ellissi, cresce, anche nelle pieghe del rapporto tra America ed Europa, la dissoluzione di un’era. Un senso di oppressione avvolge tutto il romanzo come se Dick Diver fosse un congegno ad orologeria, e non avesse alcuna possibilità di uscita, imprigionato in “un’illusione creata dall’incanto della musica”, che poi è il “nuovo jazz americano” e con lui, gli altri, “tutti perduti nella nullità della bellezza spietata”. È un modo di vivere, non tanto al di sopra delle proprie possibilità economiche, che restano indefinite, quanto molto al di là delle risorse psicologiche. Dick Diver è l’artefice incontrastato di un doppio se stesso, in una partita con il destino persa fin dall’inizio. L’abilità (geniale) di Fitzgerald, nella lunga e complicata gestazione di Tenera è la notte, è nel separare e legare gli atti di una tragedia che rimane indefinita, come sospesa nella sua controversa essenza. L’intensità di Tenera è la notte è nello stile, più che nella storia e un senso di perdita, sfuggente alle logiche e struggente nel tono avvolge tutti i protagonisti: Tenera è la notte è un groviglio di emozioni che si trasmettono contagiose attraverso la scrittura ipnotica di Fitzgerald. La spirale verso il fondo di Dick Diver (un nome che è una premonizione) è un capovolgimento della situazione iniziale. In Tenera è la notte la prima metà è uguale e contraria alla seconda e si rispecchiano una nell’altra. Come un foglio piegato in due, le figure di Dick Diver e di Nicole si scambiano il posto sul palcoscenico di una celebrazione senza alcun sipario finale perché “c’è qualcosa che ispira soggezione in un uomo che ha perso ogni ambizione, che farà qualunque cosa. Naturalmente gli facciamo poi pagare il suo momento di superiorità, il suo momento di imponenza”. Per lui, costretto a rivivere le sue passioni come se fossero errori, rimane la certezza che “vi sono ferite aperte, a volte ridotte alle dimensioni di una punta di spillo, ma sempre ferite. I segni della sofferenza sono confrontabili piuttosto con la perdita di un dito o della vista di un occhio. Possiamo non perderli neanche per un minuto all’anno, ma se li perdessimo non ci sarebbe niente da fare”. La trasformazione comincia ad assumere i toni malinconici della nostalgia: le ombre fosche che si avvitano sulla Costa Azzurra, e sul mondo intero, collimano con la caduta verticale di Dick Diver che scopre come “allontanandosi da un dolore, pare necessario rifare gli stessi passi che ci hanno condotto ad esso” e all’improvviso, nel volgere di un ultimo brindisi, quella spumeggiante stagione gli appare remota. Tenera è la notte è, per dirla con lo stesso Fitzgerald alias Dick Diver, “un tributo a cose indimenticate, inconfessate, inespurgate”. Epocale, nel senso più ampio e completo del termine.

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