martedì 18 settembre 2018

Raymond Chandler

La trasferta nella brughiera inglese di Raymond Chandler si risolve in “una storia gotica” che è un piccolo e raffinato capolavoro di misura, attenzione e classe. Invitato da Edward Crandall, un nobile decadente e annoiato, John Paringdon si trova ospite in un rustico cottage “all’estrema periferia di un villaggio chiamato Buddenham”, dove le abitudini sono governate da un silenzio opprimente. Mentre il padrone di casa è uscito per una battuta di caccia, John Paringdon incontra la moglie, la bellissima e algida Millicent Crandall, dagli occhi azzurri “che non erano stanchi, ma avevano guardato le stesse cose troppo a lungo”. Tra i due c’è qualcosa, ma non abbastanza, come lascia intendere Raymond Chandler inquadrandoli in una luce con “il colore delle pioggia” e così John Paringdon esce, da solo, e si avvia verso l’immancabile lago, dove si dedica con zelo a remare su una barca “ingombrante e pesante come un fienile impregnato d’acqua, durante una piena sul Mississippi”. Quando approda viene sorpreso dall’avvenente figura di Lady Lakenham di Lakeview, a cavallo del suo stallone, Romeo. Al contrario di Millicent Crandall, lei è selvaggia e passionale e, per John Paringdon, “non poteva esserci che una conclusione”. Raymond Chandler non la nasconde e avvia una torbida triangolazione che in un rapido crescendo trasforma l’Estate inglese in un bizzarro ibrido tra una commedia degli equivoci e un cupo dramma dai contorni nerissimi. Non senza sfoggio ironico e superbo. Quando confessa a Millicent Crandall di aver conosciuto la femme fatale della brughiera l’iperbole diventa immaginifica: “La notizia si fece strada in lei un po’ troppo lentamente, come se per portarla un indigeno si fosse svegliato in una capanna di Sumatra, poi avesse corso per miglia e miglia attraverso la giungla, un cavaliere avesse attraversato a cavallo un immenso deserto e una nave avesse affrontato un uragano dopo l’altro per doppiare Capo Horn. Già, sembrò volerci tutto quel tempo”. La bucolica lentezza, perché “i pomeriggi estivi sembrano eterni come gli stessi inglesi”, si rivela particolarmente crudele: mentre John Paringdon e Millicent Crandall provano a tessere un senso della giornata, nella sua camera Edward Crandall è morto “da ore”, dissanguato da un colpo di pistola. Il gusto supremo  di Raymond Chandler per i dettagli permette anche a un breve racconto come Estate inglese di svilupparsi su più dimensioni. La profondità è dettata dall’ambiente, un ritratto millimetrico delle campagne e dei modi inglesi, anche caricaturale, volendo, ma efficace nell’intonarsi al racconto. La suspense non è motivata tanto dalla caccia all’assassino (che Raymond Chandler svela, in pratica, in tempo reale) quanto dalla tesa evoluzione che l’omicidio imprime nei legami tra i tre protagonisti. Una trasformazione che ha il suo luogo d’elezione nei dialoghi, dove Raymond Chandler sa essere ricco e coinciso, elegante e feroce: il racconto ha un’efficienza brutale anche se la trama e la sua soluzione, restano in sospeso proprio come una lunga notte dell’Estate inglese.

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