giovedì 22 ottobre 2015

Bill Flanagan

Lo diceva Chuck Berry, che ha cominciato tutto: “Una canzone va scritta facendo molta attenzione alla storia che vi si racconta”. Con la stessa sensibilità Bill Flanagan ha avvicinato l'imponderabile e soggettiva arte del songwriting in Scritto nell'anima attraverso il confronto con un'eccellente selezione di autori, molti dei quali hanno scritto alcune delle pagine più importanti della storia dal blues al rock'n'roll. L'ambito è proprio quello e la distinzione è obbligatoria perché c'è canzone e canzone: l'argomento di Scritto nell'anima è il songwriting nella sua particolare applicazione al rock'n'roll che Bill Flanagan si premura di ricordare come “uno stile così magnificamente immorale: agguanta al volo le buone idee, le prova in dodici modi diversi e conserva qualsiasi cosa vada bene”e qualcosa che “offre ai suoi figli la cittadinanza in una comunità internazionale dove tutto è collegato dalle esperienze condivise, dalle coincidenze, e da una misteriosa politica di ammissione”. Il processo di identificazione e di condivisione che è Scritto nell'anima del rock'n'roll rimane sempre sotterraneo e nascosto rispetto ai songwriter che se ne appropriano ed è uno dei motivi per cui Bill Flanagan tiene a precisare che “un'altra parte di questo fascino deriva dalla voce, dall'opinione che la musica fornisce ai solitari, quando questi si ritrovano da soli, con le luci spente e il giradischi acceso. In questi momenti così privati si può sentire, chiaro come il fischio di un treno, l'invito a partire per andarsi a cercare un posto migliore. La musica non promette che si si arriverà ma fa capire che varrà la pena di intraprendere il viaggio”. Le canzoni servono proprio a fornire le tappe, gli indirizzi, le mete perché come suggerisce il songwriter numero uno (nessun dubbio) ovvero Bob Dylan “le canzoni non sono che pensieri fatti per fermare il tempo per un istante. Le canzoni devono essere abbastanza epiche da dare l'illusione di fermare il tempo, usando un solo pensiero. Sentire una canzone è sentire il pensiero di qualcuno, non importa che cosa vi sia descritto. Se assisti a qualcosa e pensi che sia abbastanza importante da descriverlo, questo è già un tuo pensiero. E siccome pensi solo una cosa alla volta, nel momento in cui poi la tiri fuori riveli quello che sei”. Il dialogo tra Bill Flanagan e i suoi ospiti è sempre diretto e corretto. Bill Flanagan sa come scansare i voli pindarici degli artisti e conosce tutti i trucchi per lisciare l'ego delle rock'n'roll star quel tanto che basta perché lascino socchiusa una porta. Non sempre funziona: tra domande e risposte, il ritmo delle interviste è sempre sincopato, qualcuno è più elusivo, altri sono più aperti, ognuno ha la sua particolare percezione dato che la psicologia delle canzoni e dei loro autori viaggia in parallelo. Secondo Joni Mitchell, “quando la gente ascolta una canzone questa entra nella loro vita e le parole sono simboli. Questi simboli sono instabili”. Tom Waits sembra risponderle dall'altro lato (quello sbagliato) della strada e sostiene che “è tutto là fuori. Se hai bisogno di parole, basta guardare fuori dalla finestra”. Per Keith Richards il meccanismo è più spontaneo, quasi magico nel suo manifestarsi: “Credo che le canzoni siano intorno a noi. E' solo questione di essere ricettivi e pronti a raccoglierle. Perché la maggior parte delle canzoni si scrivono da sole una volta che hai qualcosa da cui cominciare. Una volta iniziato, è un processo irreversibile. Un processo irreversibile. Un processo che tu puoi aiutare e seguire, ma non puoi riuscire a controllare la canzone. Nonostante ci sia tu, seduto lì, con un pezzo di carta e la chitarra”. Questo è quello Scritto nell'anima, poi c'è il corpo del rock'n'roll e nessun altro, se non Mick Jagger poteva precisarlo: “Forse sono semplicemente fuori moda ma ho anche bisogno che la musica mi faccia ballare. Per me è tutta qui la faccenda. Ballare, capisci? Se della musica non mi fa venire voglia di balzare in piedi, allora vuol dire che c'è qualcosa che non va”. Facile immaginare Bill Flanagan mentre annuisce, quella storia funziona proprio così.

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