martedì 29 ottobre 2013

William Burroughs

Forse il titolo può indurre in inganno perché La scrittura creativa di William Burroughs non è quella strana materia che provano a insegnare in tanti corsi e in tante scuole dalle fondamenta tutto sommato discutibili. Questa succinta raccolta di saggi, per quanto ristretta e striminzita, colleziona alcuni dei passaggi principali e insindacabili delle visioni di William Burroughs che, proprio come prima e sacrosanta discriminante, dichiara che “prima di tutto, ho riconosciuto lo scrivere come un’operazione magica” e di conseguenza “nel mondo della magia niente accade a meno che qualcuno voglia che accada, usi la volontà per farlo accadere, e ci sono certe formule magiche per incanalare e dirigere la volontà”. Burroughs non procede in modo lineare perché “la coscienza è cut-up; la vita è un cut-up” e le sue analisi sul linguaggio, sulle parole di cui siamo composti, si sovrappongono all’idea, al modello, alla silhouette della figura dello scrittore, esseri che “cercano di creare un universo in cui hanno vissuto e dove dovrebbero vivere”. La distinzione, che è molto chiara e nitida, ritorna con una frequenza sinusoidale nelle tesi e nelle ipotesi che William Burroughs dipana nei suoi saggi: se “l’immagine e la parola sono gli strumenti del controllo”, ed è difficile sostenere una teoria differente, se “la parola scritta è un’immagine” e se “piantano spilli nell’immagine di qualcuno e poi mostrano quell’immagine a milioni di persone”, La scrittura creativa è una forma di resistenza, una mappa per aprirsi vie di fuga, un manuale di sopravvivenza, e nemmeno in senso tanto metaforico. Lo era già quando questi articoli uscirono per la prima volta, tra il 1975 e il 1977, vista la conclusione, abbastanza esplicita, da cui Burroughs partiva e a cui di conseguenza tornava con convinzione: “Più la gente sa, meglio è. E’ venuto il tempo di sbattere tutti questi segreti sul tavolo. Armi segrete, dottrine segrete, tutto. Sono meno pericolose nelle mani del pubblico che nelle mani dei servizi segreti e dei militari. La conoscenza appartiene a chi la sa usare”. Chissà cosa avrebbe detto e/o scritto adesso: Burroughs sosteneva che “ogni estensione tecnologica esteriorizzata produce un effetto di ambientazione collettiva” e non solo aveva intuito bene l’infinito guado in cui sarebbero finite le parole e le immagini, aveva capito anche che “per uscire da questa impasse sarebbe auspicabile che sperimentassimo dei metodi di comunicazione alternativa”. Ecco a cosa serve davvero La scrittura creativa, intesa come questa piccola  antologia di riflessioni di un genio e come espressione felice per identificare un’arte di cui William Burroughs ha saputo cogliere e rendere lo spirito rivoluzionario avendo compreso che “ciascuno scrittore si crea il suo universo. Quando comprate un libro voi comprate un biglietto per viaggiare nel tempo dello scrittore”. Neanche a dirlo, il ticket vale per la sola andata, che magari è basta e avanza, ma con un po’ di cut-up le destinazioni diventano infinite.

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