venerdì 14 dicembre 2012

Allen Ginsberg

E’ naturale che la figura poetica e letteraria di Allen Ginsberg sarà soggetto a ripetute interpretazioni e riletture: la vastità della sua produzione nonché l’enorme quantità di materiale archiviato che ancora deve trovare una sua dimensione (bastano i cenni nella nota del curatore di Parigi Roma Tangeri, Gordon Ball, a rendersi conto della situazione) offrono stimoli sufficienti a considerare l’opzione di una collana a lui interamente dedicata. L’ordine rimane un’utopia e per infatti per arrivare alla forma più o meno definitiva nella ricomposizione dei diari di Allen Ginsberg i curatori sono dovuti ricorrere ad ardite forme di lettura e interpretazione. Di questa elaborazione, Parigi Roma Tangeri è parte significativa anche se rappresenta soltanto un terzo dei suoi Journals tra il 1954 e il 1958 e in particolare la parte finale. E’ di sicuro un tassello importante nel ricostruire gli archivi di Allen Ginsberg non solo perché contiene appunti e frammenti di opere destinate a diventare famose (su tutte, Kaddish). E’ anche l’espressione più genuina e grezza del suo work in progress tra il marzo 1957 e il luglio 1958 nel quale è convinto di appartenere a qualcosa di importante.  “Non ho mai smesso di pensare che eravamo coinvolti come comunità in un cambiamento storico della coscienza e in una specie di rivoluzione culturale” scriverà più di venticinque anni dopo e nel variegato panorama di possibilità di Parigi Roma Tangeri si sente l’urgenza di lasciare una traccia, di sfruttare la scrittura per fissare un tempo, un’idea, se non altro un paesaggio o un’emozione o una sensazione, almeno quella che è chiamata “la spensieratezza di lavorare a una poesia”. La necessità di dare forma immediata a una creatività impellente è spiegata ancora dallo stesso Allen Ginsberg, sollecito ad annotare tutto “perché, per certi versi, mi sembrava veramente che si trattasse di scegliere tra un passo ulteriore verso la liberazione e uno stato di polizia autoritario, alla 1984; tra uno stato di polizia strisciante e uno strisciante socialismo libertario”. Quanto illuminante fosse quella percezione possiamo dirlo con più convinzioni e con più motivazioni oggi, rileggendo Parigi Roma Tangeri. Resta il fatto che Allen Ginsberg è rimasto fedele ai suoi propositi anche mentre riempiva i giorni dei suoi diari: “Io volevo poesia realistica, fondata sulle emozioni ideali comuni dei cittadini di una democrazia, volevo fare profezia bardica e contribuire a terminare la guerra” scriveva nell’introduzione a Papà respiro addio e quella volontà corrisponde senza alcun margine di errore anche ai traslochi tra Parigi Roma Tangeri, città che non saranno mai abbastanza grandi per contenere idee & poesie. Sembra accorgersene lo stesso Allen Ginsberg: “Tutti noi accalappiati dal mondo, mentre cerchiamo di arraffare amore cibo gloria e poesia, la fredda poesia d’amore della gloria. E il mondo così piccolo, il trapasso così rapido, la pioggia grigia, la ruga intorno all’occhio della tomba”. Irraggiungibile. 

Nessun commento:

Posta un commento