mercoledì 19 dicembre 2012

Alex Ross

Affacciato sul Danubio, Francesco Giuseppe I d’Austria, l’imperatore austroungarico si chiedeva: “La musica è una faccenda così seria? Ho sempre pensato che il suo scopo fosse di rallegrare la gente”. Il resto è rumore è il tentativo più avvincente e documentato di rispondere all’eco lontano di quella domanda, che risale a più di un secolo fa. I primi passi che fa Alex Ross, che per Il resto è rumore sembra liberarsi delle convenzioni di critico e di musicista per avvicinarsi a un saggio elaborato come un romanzo, è orchestrare una rete di connessioni. Collega le atmosfere fin de siècle del diciannovesimo e ventesimo secolo come come se in mezzo ci fosse stato un lunghissimo crepuscolo, dal punto di vista etico ed estetico. Aggancia  Europa e America, le differenze e i canali aperti attraverso e per la musica, lasciando a Jean Cocteau il compito di raccontare l’assorbimento di una cultura pseudoamericana: “Il Titanic, Nearer My God To Thee, ascensori, le sirene del Boulogne, cavi sottomarini, cavi acqua-terra, Brest, catrame, vernice, impianti del piroscafo, il New York Herald, dinamo, aeroplani, corto circuiti, cinema maestosi, la figlia dello sceriffo, Walt Whitman, il silenzio dei rodei, cowboy con gambali di cuoio o di pelle di capra, la telegrafista di Los Angeles che alla fine sposa il detective”. Del resto, Alex Ross accosta Bertolt Brecht a Louis Armstrong e a Bob Dylan e gli intrecci risultano immediati, persino naturali perché arrivati a quel punto il lettore è immerso in una salamoia musicale in cui certi cambi di accordo o di ritmo valgono più di mille epiche battaglie, anche perché “la musica potrà non essere inviolabile, ma è infinitamente cangiante, poiché acquista una nuova identità nella mente di ciascuno nuovo ascoltatore. E’ sempre nel mondo, mai colpevole o innocente, soggetta al paesaggio umano eternamente mutevole entro cui si muove”. Questo è il vero tema che si ripropone e attraversa Il resto è rumore fino al suo epilogo: la ricostruzione della storia della musica, in particolare quella del secolo breve, cercando di collocarla in una dimensione reale. Senza dubbio è vero, come scrive Alex Ross che “il suono è una vibrazione che attraversa l’aria, e riguarda il corpo come la mente” e che le “emozioni primitive” esplodono in libertà, ma proprio per questo diventa essenziale comprendere le vite e i tempi di Richard Strauss, Gustav Mahler, Pierre Boulez, Béla Bartók, Arnold Shoenberg, Kurt Weill, George Gershwin, Duke Ellington, John Cage e tutti gli altri compositori e/o musicisti le cui gesta affollano Il resto è rumore. Anche quella che viene chiamata l’odierna “musica d’uso”, dalle colonne sonore alle sonorizzazioni ambientali, risente delle trasformazioni politiche, sociali, tecnologiche ed è un processo storico irreversibile, con tutto un secolo di precedenti, a cui Alex Ross risponde con la complicità dell’ascolto finché la musica resti “una ricerca del senso all’interno di una struttura aperta: un microcosmo di vita spirituale”. Sì, è una faccenda molto importante. 

2 commenti:

  1. Sono sempre stato tentato da Alex Ross, questa recensione, che contiene tante parole chiave e nomi seducenti (ancora di più per come sono accostati tra loro) mi ha convinto: procedo all'acquisto.

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  2. Consiglio l'edizione economica, che non ha nulla da invidiare alle altre, a fronte di un prezzo comprensibile.

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