Una casa nel bosco e sulla riva del lago nel clima bucolico del New England, un luogo dove il tempo sembra essersi fermato. E' estate, eppure dal camino escono densi filamenti di fumo. E’ Katharine, la nonna di Stefan Merrill Block, che con “la semplice consapevolezza di quello che va fatto” sta bruciando le ultime tracce lasciate dal marito, Frederick. Una decisione difficile, dolorosa e presa con grande fatica perché nel camino dell’Echo Cottage si sta trasformando in cenere un pacco di lettere arrivato dalla Mayflower Home, l’ospedale psichiatrico in cui è relegato Frederick Merrill. Il suo stato di alterazione, la malattia, non è definita e con ogni probabilità non è definibile: è tornato dalla guerra, che ha visto da lontano, disturbato, annoiato, sempre pronto a seguire impossibili voli pindarici così come ogni possibile avventura passionale. Cede all’alcol, alle provocazioni, all’autocommiserazione, alle fughe notturne, quando lascia sole e incredule moglie e figlie. Il suo tormento più verosimile è la costante “la tristezza di essere sempre distante dalle cose, al di sopra o al di sotto”. Una sera più malinconica di altre, mentre Katharine ospita la borghesia di Boston e dintorni, Frederick decide di movimentare la compassata compagnia e si va a mostrare in tutte le sue nudità sulla Route 109. Lo spettacolo non è edificante, per quanto non sia nulla che non si possa ricondurre a uno stato di euforia o di ubriachezza, ma Katharine in quel momento si rende conto che “la loro vita era stata perfetta rappresentazione di una vita perfetta” e decide di tirare il sipario. Per lei, e per Frederick, il ricovero in un ospedale psichiatrico, il più costo e rinomato, diventa davvero un’opzione senza alternative. Sembra anche una soluzione ragionevole, finché Frederick non varca la soglia della Mayflower Home: lì dentro, come in tutte le istituzioni totali, si combatte “una guerra silenziosa e terribile” come la definisce il direttore che lo accoglie. Disturbi e cure sono relativi: tra le mura sono l’organizzazione del potere, la distinzione dei ruoli, le maschere indossate dagli ospiti e dal personale a definire la realtà della vita in comune. Frederick è imprigionato con compagni di sofferenza straordinari a partire da Robert Lowell, esimio poeta che ritrae così l’umanità dolente che si trascina nella Mayflower Home: “Siamo poveri fatti passeggeri, avvertiti in tal modo di dare a ogni figura nella fotografia il suo nome vivo”. Con un tono accorato e nello stesso tempo lineare e limpido, da consumato storyteller, Stefan Merrill Block riesce a ricostruire il legame indissolubile e inevitabile tra Frederick e Katharine, l’ordalia di cure psichiatriche coinvolte in regolamenti di conti, l’extrema ratio del suicidio come ultima chance per la libertà. Un po’ agendo sulla realtà delle cronache e un po’ raccordando i frammenti con l’astuzia della fiction e un po’ tenendo presente “il fatto che per le persone ordinarie l’eccesso di intelletto e di passione appare un indice di follia” La tempesta alla porta traccia una solida (e non facile) linea tra arte, la cosiddetta normalità e follia, e lo fa persino con tutta una sua particolare grazia.
giovedì 27 ottobre 2011
Stefan Merrill Block
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento