Questo bacio vada al mondo intero è “il libro dei morti” di New York: tutti se ne sono andati o se stanno andando: per l’eroina, per il Vietnam, per la mafia, per la galera, per la povertà, per la strada, per la solitudine. Un calendario di dolore disturbato da un piccolo uomo in equilibrio tra le torri gemelle del World Trade Center. Siamo nel 1974 e l’acrobazia di Philippe Petit, funambolo fragile e geniale, è “un tentativo verso la bellezza” attorno a cui la città si raduna in spirali che gli si avvicinano sempre di più: tutto ciò di cui hanno bisogno gli abitanti di New York “per sentirsi una famiglia era la distrazione di un attimo” e quel momento arriva soltanto per caso: con l’arte, la follia, l’amore, la fede. Colum McCann ci arriva stringendo il cerchio capitolo dopo capitolo e infilando chiari segnali già nell’incipit di ogni nuovo passo verso il centro: Lenny Bruce, Hoagy Carmichael, Allen Ginsberg, Bob Marley, Andy Warhol. I nomi vengono fatti filtrare con disinvoltura con una sequenza ciclica e non sembra proprio casuale che Bob Dylan e Bruce Springsteen, appaiano nel finale di Questo bacio vada al mondo. Mentre un folletto nero rimane in equilibrio tra le torri gemelle e mette tutti a guardare nel cielo, le esistenze si incrociano come le strade della città, e “uno dei prodigi di New York è che, da ovunque tu venga, pochi minuti dopo l’atterraggio ti appartiene già”. Una patria di adottati e di stranieri, che si svegliano ogni mattina “sospesi tra la promessa di una tragedia e la delusione dell’ordinario” che Colum McCann racconta frugando nella polvere, nei resti della pioggia, sulle strade: sbirri analfabeti, preti impazziti, generazioni di puttane, artisti fuori tempo e tutti i “rain dogs” (come direbbe Tom Waits, a sua volta citato in modo opportuno) che New York riesce a trattenere sulla sua scacchiera. Anche in forma virtuale, elettronica e digitale “questa è l’America. Superi ogni frontiera. Puoi andare dove vuoi. Devi essere connesso, attraverso i nodi, lungo le vie di accesso, come un telefono senza fili in cui se non azzecchi la parla giusta di tocca tornare indietro e ricominciare tutto daccapo” ed è una ben strana famiglia quella intrecciata dalle strade e dal ritmo frenetico di New York perché è “la bellezza dei vinti” quella che racconta Questo bacio vada al mondo, che è poi un altro modo di parlare degli sconfitti, dei disperati, degli ultimi. Non c’è ombra di moralismo nel cammino di Colum McCann attraverso i bassifondi, peraltro aggiornati con un’ideale connessione tra New York e New Orleans nella comune tragedia (il romanzo si conclude nel 2006): Questo bacio vada al mondo è un romanzo fuzzy che sovrappone figure geometriche in contrasto (le parallele, le perpendicolari e le verticali della città con la circolarità delle singole storie che si inanellano l’una nell’altra) lasciando una vaga sensazione di vuoto, alla fine, quando l’equilibrio si spezza nel tempo perché “il mondo è un posto che vallo a capire” e anche la letteratura, a volte, è figlia del caos.
lunedì 24 ottobre 2011
Colum McCann
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