lunedì 24 ottobre 2011

Kary Mullis

Kary Mullis non è uno scrittore e anche nel suo vero lavoro, è un chimico, si è mosso in modo poco o niente ortodosso. Questo non gli ha impedito di realizzare una delle scoperte più sensazionali dell’ultimo scorcio del ventesimo secolo, la PCR (reazione a catena della polimerasi), lo strumento che ha rivoluzionato e semplificato lo studio del DNA. E’ per quello che ha vinto il premio Nobel nel 1993, ma anche dopo i riconoscimenti dell’accademia si è ben guardato dall’adeguarsi alle formalità anche perché  “essendo un scienziato, la cosa importante per me erano le probabilità. Quando succede qualcosa di insolito, uno scienziato degno dei suoi occhiali cerchiati d’osso e dei suoi vestiti da poco si dà da fare”. Con le porte aperte dal Nobel, Kary Mullis ha ampliato la portata delle sue provocazioni, in realtà molto sagge, e ha reso pubblica la sua eccentricità, condensata in breve nella passione per il surf, l’LSD, i Grateful Dead, la pornografia e Charles Darwin, suo unico punto di riferimento: “Forse siamo esseri che evolvono, sviluppatisi dall’argilla, per una serie di combinazioni casuali, su un pianeta ostile. Non sappiamo da dove veniamo e purtroppo manchiamo decisamente di fantasia”. Il personaggio meriterebbe un posto d’onore nella galleria di devianti e outsider collezionati da Hunter S. Thompson (Paura e avvocati a Los Angeles è il titolo di un capitolo di Ballando nudi nel campo della mente) solo che un libro “gonzo” l’ha scritto proprio lui. Visto che “la realtà è un puzzle ingannevole”, il gusto di Kary Mullis per lo sberleffo è continuo: all’irreverenza, spontanea e contagiosa, applica una convincente dialettica fatta di domande, di curiosità e di entusiasmo. Non si accontenta di una verità preconfezionata, quale che sia l’argomento, per esempio gli sviluppi sul clima, di cui dice: “Viviamo in un pianeta che offre molti misteri, tra cui l’andamento delle variazioni climatiche. Ed è di queste variazioni che siamo figli, ed è da questi misteri che siamo originati”. Le sue posizioni sono chiare e concrete proprio perché dubbiose e il suo racconto autobiografico è informale, come se parlasse appoggiato al bancone di un bar perché in fondo “oggi, dal punto di vista culturale, in un certo senso siamo soli”. Uno storytelling punteggiato da un’allegra vena di ironia, capace di intrecciare fisica e filosofia, ovvero le analisi scientifiche e le sue personalissime opinioni, in un unico flusso, a tratti persino divertente. Sulle sue idee, poi, si potrà discutere all’infinito, avendone cognizione di causa, ma è difficile resistere quando conclude Ballando nudi nel campo della mente così: “Il comportamento più adeguato per un essere umano è quello di sentirsi fortunato di essere vivo, umile di fronte all’immensità del tutto. Magari facendosi una birra. Rilassatevi, e siate i benvenuti sulla terra. All’inizio le cose possono sembrarvi un po’ confuse. E’ per questo che dovrete tornare più e più volte, per imparare a divertirvi veramente. Il cielo non sta cadendo”. Convincente.

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