martedì 11 ottobre 2011

Don DeLillo

Dei romanzi di Don DeLillo Giocatori è il meno chiaro, inteso nel senso della narrazione: ci sono tutte i temi caratteristici dalla sua visione, insieme realista e futuribile della civiltà occidentale, a partire all’intreccio inestricabile tra paesaggi (l’ambiente domestico, in questo caso) personaggi e linguaggio. C’è lo svilupparsi coerente degli eventi (la coppia annoiata che diventa una cellula terroristica  con i relativi e drammatici risvolti nel finale) e c’è tutta la sapiente e voluttuosa capacità narrativa di Don DeLillo ma manca una mappa precisa, un’idea di fondo a cui riferirsi dall’inizio alla fine. Lo stesso Don DeLillo riferendosi alla forma di Giocatori ha detto che “possiamo chiamarla narrativa pura nel senso che i personaggi sono stati momentaneamente separati dall’apparato della narrazione. Sono ancora idee, forme vaghe”. Seguire Lyle e Pammy nel torbido incedere di eventi e nello svilupparsi dei rapporti che li portano a scendere lungo l’ansa storica del terrorismo può essere impegnativo e non del tutto agevole. Il tracciato è caotico anche perché Don DeLillo li mostra attraverso riflessi e lenti deformanti, come quando spinge in un turbine filosofico l’illuminata descrizione del motel, protagonista degli incontri dei Giocatori: “Cosa c’è in tutto questo? Deve essere il viaggiatore stesso a fornire la carne commestibile di questo concetto. L’interiorizzazione che scava sempre più a fondo. Razionalità, analisi, attuazione dell’io. Dedica un momento a pensare che a quest’enorme rete di camere praticamente identiche, in tutto il mondo, è stata creata per dar modo alle persone di avere un luogo in cui possano provare paura ogni qualvolta lo desiderino. Il risultato ultimo di varie ricerche. Un luogo per esplicitare le proprie paure”. Il gioco giocato dai Giocatori è erotico prima ancora di essere politico e vi trovano forma le paure e le emozioni di amore e morte, i due estremi che, virtualizzati, approfonditi, ricercati, strumentalizzati da Don DeLillo ne costituiscono, in fondo, la sua ossessione: “Tutti i miei libri hanno un elemento di violenza e di confusione, un senso di pericolo moderno, parlano di protagonisti che vivono ai margini di un momento pericoloso, in un mondo di ambiguità, guidato da una segreta manipolazione della storia”. Riletto in prospettiva Giocatori (che risale al 1977) vedeva e vede fin troppo avanti perché “esplora i luoghi segreti della coscienza moderna, tratta del bisogno di segretezza e di strutture: un bisogno che può venire soddisfatto anche da un gruppo di terroristi”. Ancora più visionario e sorprendente quando uno dei Giocatori sostiene che “abbiano un piano per eliminare i bersagli più in vista. Per nascondersi. O diventare del tutto elettronici. Solo impulsi e correnti che si parlano tra loro. Spiriti”. Sono soltanto frammenti, quasi messaggi in codice, per raccontare la cronaca di ieri e oggi: quella che John Updike, recensendo Giocatori, chiamò “la fluttuante bruttura della recente storia d’America”. 

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