domenica 17 novembre 2019

Norman Mailer

A livello embrionale la logica dell’hipster è elementare: “Io sento questo, e ora lo senti anche tu”, e può essere il sound di un sassofono, come un nuovo linguaggio, o un inedito posto nel mondo. L’hipster è visto come un elemento sociale che non rientra in nessuna classificazione, perché “essendo l’unico non conformista in senso estremo della sua generazione, egli esercita un’attrazione potente, anche se sotterranea, sui conformisti, attraverso i resoconti giornalistici delle sue trasgressioni, attraverso il suo jazz destrutturato, e l’impatto emotivo delle sue parole simili a grugniti”, così come lo definiva Caroline Bird in Born 1930: The Unlost Generation. Il legame con il jazz è indissolubile, non solo come forma di ribellione al conformismo imperante, nell’anno di grazia 1957, come oggi, ma soprattutto nell’ attitudine di “lasciarsi portare dal ritmo al momento giusto” e nella convinzione che “ogni uomo è visto come un insieme di possibilità”, e l’improvvisazione è sempre un ottimo viatico per esplorarle tutte. Last but not least, è uno degli strumenti prioritari nella costante ricerca del piacere, dato che secondo Norman Mailer “il jazz è orgasmo, è la musica dell’orgasmo, buono o cattivo che sia, e come tale ha parlato a un’intera nazione”. È anche il tramite principale con la cultura della diaspora afroamericana: il ritratto dell’hipster si manifesta con il riflesso del “negro” (rigorosamente tra virgolette, anche se l’uso della parola che ne fa Norman Mailer lasciare intendere una certa confidenza, se non altro a livello provocatorio). Affermando che “gli hipster aspirano alla dolcezza, e il loro linguaggio è un assortimento di indicazioni sottili del loro successo o fallimento della competizione per il piacere”, la prosopopea di Norman Mailer va oltre le analisi Marx e Freud e arriva a determinare una sorta di data di scadenza, quando afferma che “siamo costretti a convivere con la consapevolezza che persino le sfumature più impercettibili della nostra personalità o il riflesso più insignificante delle nostre idee, ovvero l’assenza di idee e di personalità, potrebbero comunque determinare la nostra fatale scomparsa”. Essendo l’hipster incongruo e sfuggente, The White Negro lo usa come modello di riferimento per segnalare come “una società totalitaria mette a dura prova il coraggio degli uomini, e una società parzialmente totalitaria ne richiede una quantità ancora maggiore, perché il senso di ansia è più diffuso a livello generale”, prendendo comunque atto, non senza una certa responsabilità, che “indipendentemente da quale deforme e perversa immagine umana venisse riflessa dalla società che noi avevamo creato, quella società nondimeno era opera nostra”. È così che Norman Mailer mette tra parentesi un’ultima avvertenza: “Eppure folle è anche l’ironia con cui l’hipster si protegge. Vivendo di domande e non di risposte, è così diverso nel suo isolamento e nell’estensione della sua fantasia, così fuori portata per quasi ogni altra persona con cui entra in contatto nel mondo esterno degli square, e incontra generalmente tanta inimicizia, competizione e odio nel mondo hip, che il suo isolamento rischia sempre di ritorcersi su se stesso e ridurlo proprio così folle”. Il pamphlet ha ancora una sua efficacia anche se il linguaggio risulta ormai un po’ “out of time”, come non potrebbe essere diversamente, ma resta molto valido quando ricorda che viviamo in “una società talmente ingiusta che la carica di violenza collettiva che s’è accumulata nel popolo non è forse contenibile; se, quindi, aspiriamo a un mondo migliore, faremmo bene a trattenere il respiro, perché dovrà necessariamente venire prima di un mondo peggiore”. L’augurio non è proprio utopico, ma è in linea con il sentire dell’hipster: volubile, coraggioso, indipendente, ribelle con o senza causa.

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