giovedì 30 agosto 2018

Masha Gessen

Vincitore del premio Nobel per la chimica del 1983, Kary Mullis ha dissipato il bottino dell’accademia in modo scientifico, tra alcol, LSD, surf, Grateful Dead e altre amenità. Avendo scoperto la reazione a catena della polimerase, ovvero il principio su cui si fondano tutte le analisi del DNA, e vivendo in allegria nell’economia di mercato della California, poteva permetterselo. Anche Grigorij Perel’man, risolvendo la congettura di Poincaré, uno dei grandi dilemmi matematici del ventesimo secolo avrebbe potuto godere di altrettante prebende e persino di un trofeo da un milione di dollari, se non fosse per un rigore morale che l’ha portato a  negarsi, diventando a sua volta un’incognita. Il ritratto di Masha Gessen è funzionale a un’ossessione e la sua ricostruzione è un’indagine coraggiosa che si inoltra nei meandri delle comunità universitarie e nel fragile equilibrio tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica (atemporale e antisemita) e la Russia poi. La serie di indizi che si spalanca è una rete che tende ad avvicinarsi alla preda, l’unica possibilità di elaborare un’identità senza averne accesso diretto. Nel sorvolare sulla complessità dei problemi matematici, anche se dal punto di vista tecnico vengono spiegati (per quanto possibile) in modo comprensibile a tutti, trasforma l’inseguimento a Grigorij Perel’man in un avvincente labirinto. Non è necessario, dopo un po’, apprezzare la differenza tra algebra e geometria, il nastro di Möbius o il cubo di Rubik, le congruenze e i vettori: il limite, come in tutte le questione matematiche, coincide con la soluzione visto che “il vero problema con il linguaggio si verifica quando vogliamo creare una distinzione, negli oggetti, tra il loro contenuto e i loro confini”. In Perfect Rigor, c’è solo una scoperta (enorme) fatta da un matematico ascetico che non la vuole barattare per ragioni accademiche, spettacolari o economiche. Il suo isolamento è palpabile: quella di Grigori Perel’man è “una forma delirante di onestà”, ma la presunta eccentricità è dovuta alla dedizione totale e incontrastata alla materia e alla sua paradossale costituzione visto che, come diceva Il mago dei numeri di Enzensberger, “a volte riesci a procedere solo per vie traverse, allungando il percorso, e altre non ci riesci per niente. Magari ti è venuta un’idea promettente ma non puoi dimostrare che va oltre. Oppure scopri che la tua ottima idea non era affatto ottima”. L’essenza della matematica è tutta in questa “congettura dell’anima” (che è a sua volta un valore) e nel cuore di Perfect Rigor Masha Gessen ricorda che, per quanto ci si possa sforzare, “ci limitiamo a esplorare lo spazio che ci circonda e a fare supposizioni per capire a cosa assomiglia, osservandolo da una prospettiva privilegiata da dove possiamo formulare delle ipotesi, ma non averne esperienza diretta o immaginarlo davvero”. Infine, Masha Gessen non lo dice, forse perché ancora non lo poteva sapere, forse anche per una per rispetto, ma alla fine Grigori Perel’man non solo ha rifiutato (come era prevedibile) il premio milionario, ma si è negato, rifugiandosi nella sua solitudine. Eppure, anche nell’ultima intervista disponibile (che risale al 2011) ha rivendicato con grande lucidità la sua scelta, ribadendo l’idea che la (sua) coerenza non è in vendita. Per questo viene considerato un pazzo, sorte che è toccata comunque anche a Kary Mullis, che al contrario se l’è spassata, ma non è una contraddizione: è il destino di chi non è omologato al sistema ed è così che Perfect Rigor si evolve in una sorta di La stella di Ratner semplificata, il romanzo di Don DeLillo, con cui condivide più di una coincidenza, soprattutto dove spiega “l’arcirealtà della matematica pura, la sua disposizione austera, i suoi legami con la semplicità e la permanenza: gli equilibri formali che mantiene, inevitabilmente adiacenti alla sorpresa, così come l’esattezza alla generalità; l’infinito disprezzo della matematica per le mollezze caratteriali di coloro che la praticano, e per ciò di triviale e inutilmente ripetitivo vi è nel loro lavoro; la sua precisione come linguaggio; il suo rivendicare conclusioni necessarie; il suo perseguire strutture di connessioni e forme significative; le molteplici libertà che offre nelle stesse limitazioni che ostinatamente impone”. È proprio ciò che contiene Perfect Rigor perché Masha Gessen non si è preoccupata di risolvere l’enigma, ma l’ha reso molto più interessante, visto che come direbbe Enzensberger in effetti “di magico i numeri hanno che sono semplici”. Sono gli esseri umani (non solo i matematici) che sono complicati.

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