lunedì 25 agosto 2014

John Gardner

Il mestiere dello scrittore è difficile da comprendere, figurarsi provare a insegnarlo, nonostante corsi & professori proliferino senza sosta. Prima di tutto, come specifica fin dall’inizio John Gardner, “l’originalità più nobile non è stilistica ma visionaria e intellettuale; la precisa esposizione da parte dello scrittore di ciò che egli in persona ha visto, udito, pensato e sentito”. Ogni consiglio rischia di essere uno spreco, se non un danno, una volta a contatto con la personalità dello scrittore. Detto questo John Gardner è prodigo di suggerimenti, non tanto sul come scrivere, quanto sul cosa e perché. Un’attitudine che Il mestiere dello scrittore riassume così: “In ultima analisi, ciò che conta non è la filosofia dello scrittore (che si manifesterà in ogni caso), ma le vicende dei personaggi, il modo in cui i loro principi di generosità o di ostinata rettitudine, di avarizia o vigliaccheria li aiutano o li danneggiano in determinate situazioni. Ciò che conta è la storia dei personaggi”. Di tutti gli elementi del romanzo, Il mestiere dello scrittore pone il personaggio sempre al centro di una concentrazione che comprende il soggetto, la trama, “la sensazione che le cose si muovano, vadano in qualche direzione, fluiscano”, i dialoghi e una certa “sensibilità verbale”, l’ambientazione, “il luogo e tutto ciò che esso implica, storia, rapporti di parentela, identità”. Il mandato di John Gardner è essenziale: “Lo scrittore non deve solo essere capace di comprendere le persone diverse da lui, ma deve subirne il fascino. Deve avere sufficiente stima di sé da non sentirsi minacciato dalla diversità, sufficiente calore umano e comprensione, sufficiente interesse per l’imparzialità di cui ha bisogno per apprezzare persone diverse da lui, e infine deve avere, secondo la mia opinione, una sufficiente fiducia nella positività della vita, tale da poter non solo tollerare ma anche celebrare un mondo di diversità, conflitti, contrasti”. Oltre a proporre un profilo ideale di scrittore, John Gardner mostra inoltre le doti di un grande lettore e anche in questo caso i suoi consigli sono perentori: “Leggi tutto il Faulkner che ti capita per le mani, e poi leggi tutto Hemingway per espellere Faulkner dal tuo organismo”. Per estensione il suo manuale per aspiranti narratori è un ricco e institito invito alla lettura, e a cogliere la particolare dimensione del rapporto tra lettore e scrittore perché la (buona) narrativa deve scatenare “un sogno vivido e ininterrotto nella mente del lettore”. Al contrario, John Gardner dice che “la narrativa che manca di generosità è innanzitutto una narrativa in cui lo scrittore non è disposto ad accettare il lettore come un partner della sua stessa forza”. Una definizione estrema e molto appropriata, che illumina davvero la bella lezione di John Gardner. Ricordava Raymond Carver, il suo allievo più attento e scrupoloso: “Avevamo l’abitudine di parlare delle virgole nel racconto come se nient’altro al mondo avesse maggior importanza, e in effetti non ce l’aveva”. E’ quello Il mestiere dello scrittore, né più, né meno. 

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