venerdì 19 novembre 2010

Annie Proulx

Quoyle è uno di quei caratteri a cui la vita ha riservato più nodi degli altri, e anche un’incapacità cronica di risolverli. Nella sua professione, è un giornalista, è costantemente a un passo dal fallimento, visto che non riesce a uscire dalla grigia routine del giornale di provincia per cui scrive. A fatica, perché viene licenziato, assunto, licenziato e assunto di nuovo con un ritmo abbastanza regolare. Non un granché come curriculum. Vive in case prese in affitto e tra uno sbadiglio e l’altro, neanche a dirlo, sposa la donna sbagliata. Lui ingrassa e diventa sempre più goffo. Lei, a matrimonio non ancora avviato, comincia a tradirlo, senza nemmeno premurarsi di nasconderlo più del tanto. Non è tuto, perché il peggio è sempre in agguato e, fedele alla sua natura e a quella di Quoyle, non tarda ad arrivare. A quel punto, più per inerzia che per coraggio, decide di dare un taglio alla squallida vita nelle periferie di Brooklyn e di prendere il largo. La metafora nautica non è caso: Quoyle si rimette in strada con un saggia zia, le due figlie (scampate per un pelo a un infelicissimo destino, ma per i dettagli bisogna spulciare in Avviso ai naviganti) e riparte verso il nord e il mare, Terranova, alla ricerca delle proprie radici e probabilmente anche di una vita meno ingarbugliata. Tema ricorrente e amatissimo della letteratura americana, tanto è vero che a suo tempo Annie Proulx con Avviso ai naviganti ha fatto incetta di premi (Pulitzer compreso) con una rapidità sorprendente. Non tutto è dovuto però: se la storia alla base di Avviso ai naviganti (il riscatto di Quoyle, uomo senza qualità a cui la vita ha riservato, non gradito e nemmeno voluto, il dovere di ribellarsi agli eventi) è molto concreta nel suo plateale neorealismo, se è vero che c’è della sostanza narrativa nei tratti dei personaggi e dei paesaggi (dalle anguste panoramiche suburbane agli spazi marini e incontaminati di Terranova), è anche evidente che nel quadro complessivo Annie Proulx aggiunge troppi sfondi, troppe parole, come se non si fidasse di quello che sta raccontando e continuasse ad aggiungere elementi in continuazione per coinvolgerci e renderci partecipi. Sembra che la rivincita di Quoyle dipenda dalla sua capacità di restare ad ascoltare (deformazione professionale e interpretazione univoca del mestiere di cronista) le storie, le leggende o soltanto le chiacchiere che gli abitanti di Terranova gli rivolgono. E qui si perde un po’ la genuinità dell’intuizione originale di Avviso ai naviganti: nella sua trasformazione Quoyle poteva diventare un altro di quei perdenti le cui sconfitte equivalgono ad altrettanta dignità, ma così come viene sviluppato, il suo carattere rimane sfocato, sullo sfondo. Il tono consolatorio è sempre dietro l’angolo e non risolve i nodi, li guarda soltanto da un punto di vista meno drammatico. Lettura da notte estiva, senza troppo impegno, con la colonna sonora di Joni Mitchell e di Fisherman’s Blues. La prima per il Canada, il secondo per il mare.

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