La ricostruzione di una figura come quella di Michele Sindona è un esercizio che mette a dura prova l’equilibrio del narratore e anche quello del lettore. Il travaso da una realtà misteriosa a una biografia tutto sommato lineare è un’impresa perché di lineare nella vita di Sindona non c’è stato nulla. La sfida, che insieme era giornalistica e narrativa, non riguardava tanto le rivelazioni, le indiscrezioni, le omissioni di un uomo che per un quarto di secolo ha avuto nelle mani una ragnatela economica e finanziaria in grado di influenzare le decisioni di un’ampia percentuale della civiltà occidentale. Non che Nick Tosches, pur con tutte le precauzioni che usa, sia inconsapevole di chi ha davanti e basta sapere leggere un minimo (ma davvero un minimo) tra le righe per comprendere la collocazione storica, politica e umana di Michele Sindona e snocciolarsi una propria verità. Lo stesso banchiere siciliano, ormai incarcerato a Voghera, nel confessarsi a Nick Tosches è lapidario: “Ho comprato e venduto la mia parte di mondo”, e la sua autobiografia in nove parole suona come l’ammissione di colpevolezza di chi ha messo gli affari sopra e davanti a tutto. Per cui inchieste, processi, legami pericolosi, omicidi (compreso il suo) sono una congrua parte della storia, ma il nodo che affronta Nick Tosches è un altro ed è un nodo narrativo, ovvero far sentire la voce del personaggio e, in questo caso, del vero e proprio protagonista. Un’arma a doppio taglio visto che a parlare è un uomo che ormi ha perso tutto il potere e teme, essendo rinchiuso in una cella, di non potersi più difendere. “Ciò che era cominciato nelle tenebre, nelle tenebre finiva” e il “mistero” è tutto lì: nel raccontare una storia che non è per niente simmetrica e che ha molti spigoli, primo fra tutti perché è vera cercando di rendere credibile la voce di un uomo che ormai è ex. Quando Michele Sindona, ormai travolto dai suoi nemici all’interno dell’establishment, si accorge di essere stato abbandonato dai suoi amici e clienti di sempre, reagisce con questi toni: “Così in definitiva, scoprii quanto valeva essere un buon cristiano. Ora so che la potenza del Vaticano risiede nei tempi lunghissimi coi quali opera. Noi moriamo, quello no. Una vita è nulla in confronto ai secoli che sono il lento battito del polso del Vaticano. Condannano Galileo e poi ne fanno ancora il processo 300 anni dopo”. Nick Tosches lo segue sul terreno degli studi classici, rendendo drammatica una storia che aveva in sé i tratti dell’epica e svelandone senza reticente il fragile lato umano: “E’ di nuovo Macchiavelli a dire che gli uomini vi feriscono o perché vi temono o perché vi odiano. Come ticchettio di pioggia primaverile su oro cesellato, la chiara, semplice, meravigliosa verità di queste parole riecheggiava nelle mille e mille notti di prigione di Michele Sindona. Anche il giovane che aveva conseguito la laurea con una dissertazione su Il principe era diventato un principe del potere mondiale; ma anche quella semplice verità come pioggia su oro era stata oscurata da ben altri temporali”. La parola fine è (appena) sufficiente alla storia. Cala il sipario, restano molte ombre.
mercoledì 17 novembre 2010
Nick Tosches
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