Il lago è uno specchio implacabile e per la famiglia Starling è l’ultimo week-end in North Carolina. Ci hanno passato una vita, lì, nella wilderness dove sta arrivando la speculazione edilizia, ma Lisa e Richard hanno deciso di ritirarsi (lui è già in pensione da un mese) e di vendere la casa. Si ritrovano insieme ai figli Michael (e la moglie Diane), e Thad (con il fidanzato Jake). Ben presto le apparenze vengono turbate da una tragedia e scostate bruscamente come un vecchio sipario, rivelano “un caleidoscopio di sofferenza” che si propaga con le vibrazioni di una subdola corrente sotterranea tra genitori e figli. È interessante notare come il processo di trasformazione nello scenario ideale che offre La casa sul lago parta dalla generazione più anziana, che continua a progettare l’avvenire, mentre Michael e Thad sono imprigionati in vicoli ciechi conditi da alcol, erba, pillole, terapie. Non sono abbastanza sereni da “contrapporre la logica alla nostalgia ai ricordi, agli addii”, e paradossalmente sono più intimoriti da quello che gli può riservare il domani. La vendita della casa di villeggiatura, una libera scelta di Lisa e Richard, è l’elemento che accende una reazione a catena. La tensione cresce partendo da piccole, irrilevanti questioni, per poi deflagrare secondo un meccanismo atavico che David James Poissant riconosce alla perfezione perché “è così che funzionano le famiglie: l’insignificante elevato a imperativo”. Invece di ospitare gli ultimi scampoli dell’estate, La casa sul lago diventa il capolinea di una nevrosi strisciante, un’angoscia che non cede nemmeno per sbaglio: la famiglia si impantana in una gabbia di scelte, di rimpianti, di errori e di segreti, di timori e di speranze. Il nesso tra promesse e rimpianti, ambizioni e prospettive è sfuggente quanto le trote che sfrecciano nella corrente. Nell’incomunicabilità maturano le ansie e le paure che restano nascoste come i serpenti nell’erba e lungo le rive del lago. Non si vedono, ma sono lì, un pericolo imponderabile e velenoso. David James Poissant non lascia via di scampo ai suoi personaggi: li incolla alle frustrazioni, a quell’ipersensibilità che li vede sempre sull’orlo di una crisi di nervi, anche nella loro natura colta, liberal, tollerante e, in definitiva, borghese. La scrittura è tesa come la superficie del lago: non c’è un vezzo, uno svolazzo, un abbellimento, niente che non sia strettamente necessario. Ci sono sei personaggi che non hanno bisogno di trovare un autore: si distinguono nettamente, anche se sono tutti coinvolti da una tristezza profonda, irrisolta, che scava solchi tra le vite e che David James affronta con partecipazione, ma anche con rispetto. Un osservatore molto esperto nel mimetizzarsi, capace di restare vicinissimo, senza farsi notare. Gli eventi attraversano il week-end degli Starling (e Jake e Diane) come folate di vento sulla superficie del lago che David James Poissant riesce a catturare grazie a un’esplorazione scrupolosa e un tatto singolare nel saper decifrare momenti delicati, fragili, eppure, nello stesso tempo, brutali. Gli episodi toccano un po’ tutti, anche i personaggi sullo sfondo, e non è un caso che siano gli estremi della famiglia Starling, Diane e Jake, a occuparsi di pittura, visto che i colori si mischiano come le vite, con le stesse gradazioni di caos e di bellezza. Non essendoci via di fuga, La casa sul lago è un laboratorio di sentimenti e di emozioni, di riflessi condizionati e compromessi necessari, pesche miracolose e X-Men, ma non ci sono supereroi, persino la fede e la politica (o quello che ne resta) sono travolte dall’attrito quotidiano con la realtà. Con notevole lucidità, David James Poissant non risolve nulla, li lascia lì ancora incerti, sulle sponde del lago, e se “il futuro è davanti a loro, sconosciuto, invisibile. E forse non sapere è un dono”, la famiglia resta un’equazione con tante incognite, poche soluzioni, molti silenzi, ma, in fondo a tutto, è ancora l’ultima spiaggia.
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