mercoledì 30 settembre 2020

Melissa Anne Peterson

Cota Street è una specie di Desolation Row, dall’atmosfera umida, fredda, pesante e senza via d’uscita. È un “mondo dissipato, dimenticato” in una città grigia nello stato di Washington che attrae con una perfida forza magnetica gli adolescenti che, abbandonati o in fuga da famiglia disgregate, devono combattere in mezzo alla strada, sapendo che “le loro vite andavano avanti senza che nessuno ci facesse caso”. Nella dissoluzione delle personalità, I ragazzi di Cota Street sono fuggitivi, che lottano per la sopravvivenza: le ragazze vogliono una camera da letto con la porta da chiudere a chiave, i ragazzi vogliono un lavoro. Non hanno nulla se non la prospettiva di combattere, o andarsene. Sono outsider, consapevoli di esserlo. Lo ammettono senza subordinate di sorta: “I nostri nomi erano tutti sulla lista. I nostri fascicoli erano nello schedario. Gli uomini in divisa discutevano di noi come di un problema di ratti. Sulla mappa della città c’erano delle freccette rosse puntate su di noi. Era inevitabile. I nostri indirizzi, le nostre targhe, i nostri punti di ritrovo, era tutto schedato”. I libri di Kerouac sullo scaffale restano ben presto un pallido ricordo: “dentro i confini della città le cose erano più complicate di come dovevano essere” e nel loro doloroso cammino per I ragazzi di Cota Street “tutto sarebbe svanito velocemente”. Le giornate sono una ripida successione di droga, fame, aborti, risse, freddo, solitudine, alienazione fino ad arrivare a considerare normale sentirsi come “una pistola carica che sparava al contrario”. Si capisce tentativo di Violet di chiudere gli occhi e trovarsi altrove: “Provò a immaginare qualcosa di più profondo del sonno, qualcosa di smisurato e cavernoso con spazi così vasti e bui da disperdere la sua vergogna. Voleva rivoltarsi la pelle. Voleva urlare ed essere perdonata. Ma la sua voce non era un suono. Era solo una vibrazione in dissolvenza”. Quando decide di lasciare I ragazzi di Cota Street per trasferirsi a Saint Louis, dall’altra parte dell’America riesce a considerare che “c’era qualcosa di orribile e sbagliato. Qualcosa che ci avrebbe cambiati”. È da quella condizione, con un lavoro in una scuola, che racconta della sua vita e di Jimmy James Blood, di Kat e Duane, di Annie e Brady che “parlava perché potessimo sentirci tutti vivi. Gesticolava con la sigaretta e raccontava una storia con sguardo sognante, dimenticandosi dei suoi vestiti sporchi. Ci parlò di essere giovani e puliti. Quando ogni cosa non era semplice o facile ma era comunque possibile. Ci disse che a prescindere da quanto veloce sia la tua macchina, non puoi scappare da certe cose. Perché certi problemi sono più complicati e più veloci e più brutti di te”. Violet desiderava che I ragazzi di Cota Street “tenessero duro, che restassero vivi proprio come me. Rappresentavano la speranza contro ogni avversità”, ma sapeva anche erano “cattivi che più cattivi non si poteva. Senza motivo”, ma ogni nome (compreso quello del fratello Colin) evoca una tragedia. Violet racconta come se fosse una confessione e l’esordio di Melissa Anne Peterson non fa sconti: la scrittura è sincopata, volutamente limitata all’essenziale, plasmata attorno a uno slang e disseminata su piani temporali non allineati, che rendono alla perfezione il disorientamento, lo sfacelo e “il tonfo sordo della violenza” di Cota Street. Un romanzo durissimo, necessario, frutto di una moltitudine di ferite che Melissa Anne Peterson ha esplorato assecondando “i fantasmi della pioggia che hanno condiviso le loro storie, i fantasmi della città che non volevano lasciarmi, e quelli tra gli abeti di Douglas, che ancora mi seguono”. Comprese le voci di una fitta sonora punteggiata da Ella Fitzgerald, Dead Boys, Dropkick Murphys, Peter Tosh, Radiohead, Toots and the Maytals, Johnny Horton, Lou Reed, Johnny Cash, Jimmie Rodgers, Mark Lanegan, Reverend Horton Heat, Cracker, Robert Johnson, Mazzy Star, Sam Cooke e Bob Dylan (naturalmente).

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