martedì 27 giugno 2017

Greil Marcus

Secondo Greil Marcus, i Sex Pistols, capaci di firmare tre contratti diversi per fare un solo disco in tutta la loro storia sono stati “un fuoco di paglia, una meraviglia, una fabbrica per far soldi e per farsi qualche risata, un tocco del vecchio épater la bougeoisie”. L’esistenza di un meteora così abbagliante è stata permessa dal fatto che, come scriveva Guy Debord, “la realtà sorge all’interno dello spettacolo, e lo spettacolo è reale”, e il gioco prevedeva ruoli e interpreti imprevisti, con un precedente illustre in America. L’associazione tra l’irruzione di Elvis e quella dei Sex Pistols ha una sua logica stringente che Greil Marcus semplifica con precisione quando dice che “comunque, Elvis Presley e i Sex Pistols hanno cambiato l’impostazione della vita quotidiana, ne hanno alzato la posta. Se quello che hanno fatto non ha provocato nessuna vera e propria rivoluzione, ha comunque reso la vita più interessante in tutto il mondo, e la vita continua ancora a essere più interessante di quanto sarebbe stata se non fossero mai apparsi”. Su questo non c’è ombra di dubbio. I Sex Pistols sono stati ancora (più) devianti nella natura europea e nel focalizzare l’elemento di rottura oltre la musica e le canzoni visto che “il rock’n’roll, avrebbe detto Johnny Rotten, era solo la prima di molte cose che i Sex Pistols intendevano distruggere. Eppure poiché non avevano altre armi, poiché loro malgrado erano dei fans, i Sex Pistols suonavano rock’n’roll riducendolo a velocità, rumore, furia e gioia maniacale come nessun altro aveva fatto prima”. Erano marziani almeno quanto Elvis, prima di loro, ma avevano aggiunto una patina di colore ambiguo e brillante nel negare il passato e nel declamare il “no future”: “Quello era il punk: una carrellata di vecchie idee rese sensazionali da nuovi sentimenti che istantaneamente si trasformarono in nuovi cliché, ma imposti con una tale forza che il tutto sballò le sue equazioni giorno per giorno. Per ogni falsa novità ce n’era una vera: per ogni posa di terza categoria, c’era una posa di quarta categoria che si trasformava in un vero motivo”. Non c’è una tesi concreta da seguire o condividere nelle Tracce di rossetto, piuttosto una miriade di connessioni, coincidenze, sovrapposizioni simboliche e metaforiche che Greil Marcus prova a collegare, inserendo i Sex Pistols in un contesto di rivolte, teorie e improvvisazioni sul tema, che vanno dagli anarchici ai dadadisti, dai situazionisti al maggio francese del 1968 all’estrema radicalizzazione seguita a Never Mind The Bollocks. Il tentativo, ambizioso e non privo di un solido background, si rivela riuscito soltanto in parte, ovvero nella prima metà delle Tracce di rossetto, dove si intravede nel rock’n’roll “il più puro esempio di laissez-faire che il capitalismo avesse mai conosciuto”. Da lì, e già non è molto chiaro, rendere intelligibili i “percorsi segreti” resta un bel miraggio, come se Greil Marcus invece di sciogliere i nodi si fosse arreso, limitandosi a indicare le pure numerose analogie e finendo per accorgersi che, nei corsi e ricorsi della storia, “il disturbo dell’ordine pubblico ha poca importanza”. L’ammissione non è relativa ed è ampliata e circostanziata, con uno spicchio d’ironia, nella citazione tratta da Routine Pleasures: “Siamo tutti come attori non protagonisti di un film di Preston Sturges pronti a testimoniare davanti alla giuria di un piccolo paese in termini la cui rilevanza sfuggirebbe a chiunque tranne che a noi”. Resta il fatto che nel momento in cui vedi roteare un’asta del microfono, senti sferragliare la chitarra in Holiday In The Sun o il salmodiare folle di Anarchy In The UK, l’istinto suggerisce, come dice Pete Townshend, che quello è “il modo in cui dovresti passare tutta la tua vita”. E non è molto diverso nell’avvicinarsi attraverso i dischi perché “la potenza in questi pezzetti di plastica, la tensione tra il desiderio che li alimenta e il fatalismo che è pronto a bloccare ogni battito, la risata e la sorpresa nelle voci, la fiducia nella musica, tutte queste cose ora sono scioccanti, perché in due o tre minuti ciascuno è un assoluto. Non puoi attribuire a un disco più valore che a un altro, non mentre l’ascolti; ciascuno è la fine del mondo, la creazione del mondo, completo in se stesso”. E’ forse la definizione più completa di Tracce di rossetto, poi il lavoro di ricerca è enorme, congruo e considerevole, ma più vengono accumulate nozioni e salti indietro nel tempo e meno evidente è il senso compiuto, finché “tutto ciò che resta sono desideri senza linguaggio”. Greil Marcus, fiutando la trappola e avendo assorbito per osmosi le abitudini truffaldine dei Sex Pistols, aveva messo le mani avanti fin dall’inizio di Tracce di rossetto, quando ammette che “non si possono risolvere gli autentici misteri, si possono però trasformare in misteri più interessanti”. Questo, sì, gli è riuscito alla perfezione.

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