Secondo
Greil Marcus, i Sex Pistols, capaci di firmare tre contratti diversi
per fare un solo disco in tutta la loro storia sono stati “un fuoco
di paglia, una meraviglia, una fabbrica per far soldi e per farsi
qualche risata, un tocco del vecchio épater
la bougeoisie”. L’esistenza di un meteora
così abbagliante è stata permessa dal fatto che, come scriveva Guy
Debord, “la realtà sorge all’interno dello spettacolo, e lo
spettacolo è reale”, e il gioco prevedeva ruoli e interpreti
imprevisti, con un precedente illustre in America. L’associazione
tra l’irruzione di Elvis e quella dei Sex Pistols ha una sua logica
stringente che Greil Marcus semplifica con precisione quando dice che
“comunque, Elvis Presley e i Sex Pistols hanno cambiato
l’impostazione della vita quotidiana, ne hanno alzato la posta. Se
quello che hanno fatto non ha provocato nessuna vera e propria
rivoluzione, ha comunque reso la vita più interessante in tutto il
mondo, e la vita continua ancora a essere più interessante di quanto
sarebbe stata se non fossero mai apparsi”. Su questo non c’è
ombra di dubbio. I Sex Pistols sono stati ancora (più) devianti
nella natura europea e nel focalizzare l’elemento di rottura oltre
la musica e le canzoni visto che “il rock’n’roll, avrebbe detto
Johnny Rotten, era solo la prima di molte cose che i Sex Pistols
intendevano distruggere. Eppure poiché non avevano altre armi,
poiché loro malgrado erano dei fans, i Sex Pistols suonavano
rock’n’roll riducendolo a velocità, rumore, furia e gioia
maniacale come nessun altro aveva fatto prima”. Erano marziani
almeno quanto Elvis, prima di loro, ma avevano aggiunto una patina di
colore ambiguo e brillante nel negare il passato e nel declamare il
“no future”: “Quello era il punk: una carrellata di vecchie
idee rese sensazionali da nuovi sentimenti che istantaneamente si
trasformarono in nuovi cliché, ma imposti con una tale forza che il
tutto sballò le sue equazioni giorno per giorno. Per ogni falsa
novità ce n’era una vera: per ogni posa di terza categoria, c’era
una posa di quarta categoria che si trasformava in un vero motivo”.
Non c’è una tesi concreta da seguire o condividere nelle Tracce
di rossetto, piuttosto una miriade di
connessioni, coincidenze, sovrapposizioni simboliche e metaforiche
che Greil Marcus prova a collegare, inserendo i Sex Pistols in un
contesto di rivolte, teorie e improvvisazioni sul tema, che vanno
dagli anarchici ai dadadisti, dai situazionisti al maggio francese
del 1968 all’estrema radicalizzazione seguita a Never
Mind The Bollocks. Il tentativo, ambizioso e
non privo di un solido background, si rivela riuscito soltanto in
parte, ovvero nella prima metà delle Tracce
di rossetto, dove si intravede nel
rock’n’roll “il più puro esempio di
laissez-faire che il capitalismo avesse mai
conosciuto”. Da lì, e già non è molto chiaro, rendere
intelligibili i “percorsi segreti” resta un bel miraggio, come se
Greil Marcus invece di sciogliere i nodi si fosse arreso, limitandosi
a indicare le pure numerose analogie e finendo per accorgersi che,
nei corsi e ricorsi della storia, “il disturbo dell’ordine
pubblico ha poca importanza”. L’ammissione non è relativa ed è
ampliata e circostanziata, con uno spicchio d’ironia, nella
citazione tratta da Routine Pleasures:
“Siamo tutti come attori non protagonisti di un film di Preston
Sturges pronti a testimoniare davanti alla giuria di un piccolo paese
in termini la cui rilevanza sfuggirebbe a chiunque tranne che a noi”.
Resta il fatto che nel momento in cui vedi roteare un’asta del
microfono, senti sferragliare la chitarra in Holiday
In The Sun o il salmodiare folle di Anarchy
In The UK, l’istinto suggerisce, come dice
Pete Townshend, che quello è “il modo in cui dovresti passare
tutta la tua vita”. E non è molto diverso nell’avvicinarsi
attraverso i dischi perché “la potenza in questi pezzetti di
plastica, la tensione tra il desiderio che li alimenta e il fatalismo
che è pronto a bloccare ogni battito, la risata e la sorpresa nelle
voci, la fiducia nella musica, tutte queste cose ora sono scioccanti,
perché in due o tre minuti ciascuno è un assoluto. Non puoi
attribuire a un disco più valore che a un altro, non mentre
l’ascolti; ciascuno è la fine del mondo, la creazione del mondo,
completo in se stesso”. E’ forse la definizione più completa di
Tracce di rossetto,
poi il lavoro di ricerca è enorme, congruo e considerevole, ma più
vengono accumulate nozioni e salti indietro nel tempo e meno evidente
è il senso compiuto, finché “tutto ciò che resta sono desideri
senza linguaggio”. Greil Marcus, fiutando la trappola e avendo
assorbito per osmosi le abitudini truffaldine dei Sex Pistols, aveva
messo le mani avanti fin dall’inizio di Tracce
di rossetto, quando ammette che “non si
possono risolvere gli autentici misteri, si possono però trasformare
in misteri più interessanti”. Questo, sì, gli è riuscito alla
perfezione.
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