E'
una lunga domenica di novembre, nel 1918, tra le mura della vita
famigliare. La prima guerra mondiale sta finendo, l'epidemia di
influenza spagnola sta cominciando a dilagare, il matrimonio di
Charlie Chaplin è sulla prima pagina di tutti i giornali. Il pranzo
festivo, con un pollo arrosto sacrificato e ripulito all'osso, è
soltanto l'introduzione (memorabile) alla distanza siderale tra il
mondo dell'infanzia e quello degli adulti che la quiete domenicale
non riesce a dissimulare. Entrambi menomati, in modo diverso ma pur
sempre limitati, Bunny e il fratello Robert si muovono attraverso la
realtà con l'ausilio di fantasie e sogni a occhi aperti,
condividendo un'aperta e reciproca ostilità. Gli adulti, il padre e
la madre, James ed Elizabeth, più tutto un corollario di zie, zii,
dottori e governanti invece sono intrappolati nell'affannosa ricerca
di “una possibilità di far funzionare le cose”. Da lì, dal
tempore di un pomeriggio autunnale, Come un volo di rondini si
sviluppa su diversi piani, sempre avvincenti. Prima il conflitto tra
i due fratelli, Bunny e Robert, poi il delicato avvinghiarsi di Bunny
con la madre e, più in là nel racconto, tenuta in riserva fino alla
fine, la prospettiva di James. Le differenti sfumature dei legami
invece di cristallizzarsi nei tre distinti capitoli (Bunny, Robert e
il padre) scorrono come torrenti sotterranei e trovano una via
d'uscita soltanto negli snodi più dolorosi e imprevedibili. “La
fragilità della felicità umana”, come scrive William Maxwell, è
un soffio, una piuma, una ghirlanda, una carezza e la connotazione
della famiglia rimane un baluardo per tutti, anche se l'assedio degli
eventi infausti è continuo e difficile da reggere. Il più delle
volte per i bambini è qualcosa di non detto o non capito o al
massimo origliato dietro lo stipite di una porta. Per gli adulti, che
non hanno più la fortuna di potere tenere il mondo a distanza di
sicurezza basta molto poco e poi “così, all'improvviso, tutto era
cambiato. Tutto era diverso”. La definizione di Come un volo di
rondini è precisa, millimetrica, certosina. “Il romanziere
lavora sulla base della vita che gli è stata data” dice di William
Maxwell e la scrittura, che Mavis Gallant ha descritto come “prosa
allo stato puro”, è (senza alcun dubbio) minuziosa, attenta e
particolareggiata come conviene a chi ha letto, riletto e corretto le
pagine di John Cheever, Vladimir Nabokov, John Updike, Eudora Welty e
John O'Hara. Come un volo di rondini è ben articolato nella
suddivisione dei protagonisti, nell'elencarsi dei personaggi
secondari e anche il tono, molto lirico e accurato, è sempre
adeguato, tenendo presente i passaggi più laceranti della storia. Il
rigore, anche formale, dell'elaborazione di Come un volo di
rondini è in sé il pregio e il limite maggiore: non si discute
della capacità di “rendere le cose memorabili” come direbbe il
suo Bunny, ma il fascino della scrittura ordinata, sistematica e
scrupolosa di William Maxwell non impedisce al romanzo di ripiegarsi
su se stesso, rivelandosi un po' troppo perfetto per essere giusto.
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