Prima
il tuffo nel passato di 22/11/’63
poi
la
rock'n'roll fantasy di Joyland
hanno
riportato Stephen King verso un mondo di sentimenti ed emozioni, la
nostalgia prima tra tutte, che era stato accennato molti anni fa e
che ormai sta diventando predominante. Anche il titolo, nella sua
ambivalenza, è fin troppo eloquente,: quando il piccolo Jamie Morton
incontra per la prima volta il reverendo Charles Daniel Jacobs è
affascinato più dalla sua passione per i segreti dell'elettricità
che per i misteri gaudiosi, almeno fino a quando (molto presto) la
dicotomia tra la fede e la fiducia nella scienza non viene
soppiantata dalla fedeltà al rock'n'roll. E' lo sfavillante momento
di Yardbirds, Searchers, Green
River
(“Neppure nei miei sogni più sfrenati sarei riuscito a eguagliare
la maestria di John Fogerty dei Creedence Clearwater Revival”),
Wild
Thing
e Van Morrison con Brown
Eyed Girl, perché
“una canzone alla radio è in grado di riportare in vita il passato
un'immediatezza brutale e fortunatamente passeggera: il primo bacio,
un bel momento con i tuoi amici o un doloroso periodo di transizione”
e tutto ciò che rimarrà in comune tra Jamie e il pastore sarà
l'energia elettrica, peraltro usata in modi e con scopi molto
diversi. Di tutti i poteri coinvolti in Revival,
Stephen King sa riconoscere ed evidenziare il più concreto, così
come lo ammette il suo giovane protagonista: “La musica riempì il
vuoto della mia esistenza. Era qualcosa di separato dal resto, una
verità pura e assoluta. Suonare mi fece di nuovo sentire una
personale reale”. Jamie
Morton comincia e continua la sua carriera di chitarrista ritmico, lo
strumento come “uno scudo elettrico con il jack infilato nella
presa e pronto alla battaglia”, una parte delicata e indispensabile
nell'addizione di “batteria, basso e due chitarre: questo è il
rock'n'roll” (e lo diceva anche Lou Reed in calce a New
York).
La logica di Revival
è la stessa che spinge Jamie Morton a usare un vecchio
amplificatore, “il volume sarà talmente alto che non ti sentiranno
nemmeno”, e Stephen King può ben permettersi di condividere quel
consiglio, “spingilo al massimo e fottitene del feedback”,
divertendosi e divertendo il lettore, e non ha senso chiedere molto
di più. Quando si attiene a quella che chiama “l'essenziale
semplicità” del rock'n'roll, Stephen King convince e sa essere
persino commovente: la prima metà di Revival,
quella meno oscura, è più solida come già succedeva in Shining
e It,
richiamati più volte nel corso della storia. Il punto di domanda che
invece attraversa tutto Revival
è pesante come tutta la letteratura che non ha saputo rispondere in
due secoli di civiltà perché resta “insondabile” e alla fine
Stephen King non riuscendo ad andare oltre, lo lascia in sospeso
perché quella è una porta che non si apre, anche perché “quando
qualcuno parla di rischi accettabili, la domanda è sempre la stessa:
accettabili per chi?” Il peso maggiore grava sulla seconda metà di
Revival
quando Stephen King non riesce a trattenere la sua vocazione al
fantastico (e per il gotico, in più di un passaggio) e trasforma
l'enigmatico reverendo e imbonitore Charles Daniel Jacobs in una
sorta di dottor Frankenstein tutto da rivelare, tempeste, lampi,
saette e occhi fuori dalle orbite compresi nel prezzo. Non rinuncia
neanche a trasportarci in uno dei suoi incubi entomologici che
regalano un tono di fumetto a Revival,
ma arrivati a questo punto non si può aggiungere di più. Revival
è proprio come il rock'n'roll: tolta la sorpresa, non rimane molto
altro.
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