mercoledì 8 luglio 2015

Mark Sullivan

L'adolescenza è già una twilight zone piuttosto intricata, se poi è infestata da fantasmi come capita nel corso della storia di Jonah, è facile che diventi un inferno. L'assortimento di apparizioni è variopinto: dallo spirito del padre a quello di un danzatore che canta (e balla) Stayin' Alive, non senza una certa ironia, bastano e avanzano a spiegare che “i fantasmi disorientavano, poiché non sembravano esistere regole che governassero il loro comportamento”. Jonah tenta di conviverci, anche se non è la missione adatta a un adolescente che deve già affrontare tutta una speciale “preparazione emotiva”. Gli ectoplasmi non sono l'unica presenza distorta nella sua vita, che tende a sdoppiarsi quando si addormenta con una velocità da narcolettico e scopre che “nei sogni non c'era niente d'insolito, a parte la loro straordinaria nitidezza e il fatto che lo lasciavano rinvigorito. E per questo motivo non ne parlava con nessuno”. Le sue avventure le condivide con l'inseparabile amico Ross, i contrasti con la madre Susan, tanto apprensiva quando evanescente, e in questa rete di connessioni e legami, secondo lo stesso Mark Sullivan, “i fantasmi non sono che la manifestazione esteriore delle insicurezze e della fragilità dell'adolescente Jonah”. In questo senso, rende bene nelle peripezie di Jonah quella condizione precaria, vacua, irridente che si riflette nell'ondeggiare insensato degli spettri e si traduce in un linguaggio grezzo, caotico, anche acerbo, degno di un esordio che arriva con il proposito di scompigliare un po' le regole del gioco. A questo stadio contano molto di più le idee e qui ce ne sono parecchie che fluttuano attraverso gli ectoplasmi, a partire dalla loro connivenza con il tubo catodico della televisione fino all'identificazione con la fragilità dell'adolescenza e lo scontro con l'impenetrabilità del mondo degli adulti. Jonah e i suoi fantasmi sono quasi archetipi e lo svolgimento caotico, episodico del romanzo è una diretta conseguenza della rispettiva instabilità. I fantasmi di Mark Sullivan non hanno le fondamenta scientifiche di quelli di Richard Matheson né i contorni romantici di Stephen King di cui Mark Sullivan condivide la concezione del fantastico come “la celebrazione di quelli che sentono di poter esaminare la morte perché essa non risiede ancora nei loro cuori”. A quel punto Mark Sullivan mette i fantasmi su un fondale fluttuante rispetto alla storia di Jonah e l'evoluzione naturale li trasforma in proiezioni della sua delicata condizione: sono sornioni, (a volte, proprio idioti) vanno e vengono senza meta e senza motivi, solo col progredire della sua percezione e della sua consapevolezza le creature cominciano a trasformarsi e la loro metamorfosi racconta infine che solo il dolore è reale. Con un tocco non indifferente di psichedelia, Con chi parli, Jonah? è un esordio stravagante soltanto in apparenza, una divagazione molto intuitiva nel fantastico, utilizzato come strumento per condurre un romanzo di formazione per vie insolite, eccentriche ed accattivanti.

1 commento:

  1. Secondo me la piccola e media editoria danno sorprese interessanti e originali, sono da tenere d'occhio, come il tuo blog! Ciaoo

    RispondiElimina