giovedì 16 luglio 2015

Siobhan Fallon

Una base militare è qualcosa di diverso da “un luogo molto isolato” come scrive Siobhan Fallon nella nota in coda a Quando gli uomini sono via. E' un'area in cui il tempo è sospeso per tutta la durata della missione, è una zona disciplinata dalle logiche di un esercito in guerra, anche se tutto avviene dall'altra parte del mondo ed è un perimetro attorno a una città che non è una città e a una caserma che non è più (solo) una caserma. I racconti che allinea Siobhan Fallon vanno ricondotti a questo particolare ecosistema dove l'assenza e l'attesa determinano la scansione delle giornate, dove le donne si riuniscono per condividere quello che possono, dal cambio di stagione al lutto, non così inevitabile, visto che Quando gli uomini sono via la destinazione è l'Iraq. La percezione della guerra viene amplificata e distorta dalla lontananza, evidente nella storia di Camp Liberty, che sovrappone due trame e due luoghi: Baghdad e casa (casa è Fort Hood, Texas) con un punto di vista sbilenco, perché la distanza deforma la prospettiva e quando sei là vuoi essere qui, e viceversa, mentre gli altri possono soltanto aspettare. In modo simile, Dove si spezza l'onda racconta le ambiguità che crea la separazione, l'equivoco o il tradimento, le comunicazioni (digitali), la tensione ogni volta che c'è un attacco, l'angoscia per il dispiegamento e le titubanze per il ritorno, perché anche se il presidente dice “missione compiuta”, gli ingranaggi della guerra hanno appena cominciato a girare. Il modello è proprio quello di Quando gli uomini sono via: un racconto solido, sorretto da una scrittura schematica, fatta di frasi brevi, limate e corrette come se Siobhan Fallon cercasse di rendere chiaro “il senso di una vita in sordina”, un tema che chiaro non sarà mai. Il tentativo è inconsueto e lodevole: la guerra è umana perché la fanno gli uomini ed è disumana perché non sono in grado di sopportarla e la prospettiva di Siobhan Fallon è senza dubbio originale, così come l'idea di disseminare i personaggi tra i racconti, ognuno con una peculiare sofferenza e tutti collegati da quello che James Hillman definiva “lo stato marziale dell'anima”. Questa specifica deformazione coinvolge le famiglie, a partire dalla fatica, dalla pazienza e dalla resistenza femminile che sono il vero, sostanziale background di Quando gli uomini sono via. L'eroismo è rincorrere i figli che scappano, suonare alla porta di una vedova, cucinare, pulire, riassettare e mantenere la linea come se “home sweet home” fosse soltanto un'altra trincea. Poi Siobhan Fallon compone le singole storie in modo meccanico, limitandosi allo stretto indispensabile, almeno per quanto riguarda il tono e il ritmo, come se Quando gli uomini sono via fosse il diario della vita quotidiana nella base, e, in effetti, in gran parte è proprio così. Se da un punto di vista stilistico rimane sospeso, anche la concezione dei motivi per cui la vita è stata messa tra due parentesi restano lontani, come se fosse un esercizio di rimozione o una forma di autodifesa. Per dire, Phil Klay in Fine missione, pur attingendo all'intuizione di Quando gli uomini sono via, qualche sforzo in più l'ha fatto. 

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