martedì 24 marzo 2020

Nelson George

Come dice Dr. Funkenstein alias George Clinton, “se ti fa muovere il culo, è funk” e D Hunter, il protagonista del romanzo di Nelson George, ha dei buoni motivi per darsi una mossa. I fratelli sono morti ammazzati nelle strade di Los Angeles e lui si è trasferito a New York. È stato un detective, ma ormai si occupa di sicurezza, almeno fino a quando non deve tornare a Los Angeles dove il nonno, Big Danny, è stato ucciso nel corso di quella che, in apparenza, sembra essere una rapina. Big Danny ha una storia complessa per diventare soltanto un numero nelle statistiche degli omicidi a Los Angeles (circa 280 ogni anno) e si lascia alle spalle una figlia e un nipote, Walli, ma anche una scia di misteri. C’è una fotografia datata 28 aprile 1992, dove Big Danny è accanto a una donna coreana, Sun Hee Pak. Il giorno dopo scoppieranno le rivolte del South Central seguite all’assoluzione degli agenti che avevano massacrato Rodney King e D Hunter è costretto a muoversi tra un passato che non passa (e, anzi, ritorna) e la condizione per cui non si “mai chi è chi e cosa è cosa in queste strade della California”. La sua caccia (evidentemente il cognome vuol dire qualcosa) lo porta a ritrovare volti e legami che si era lasciato alle spalle: si deve confrontare con un suo assistito, Night, un stella del funk con qualche problemino con gli additivi chimici, poi con R’Kaydia un’appariscente manager che sta elaborando il futuro dello show business attraverso l’applicazione degli ologrammi, e tutto ciò converge nella ricerca di Dr. Funk. Lui, che una volta era il deus ex machina del funk, è riapparso soltanto per un fugace momento al funerale di Big Danny, per poi sparire di nuovo nel nulla. Solo che nell’era digitale, dove i taxi di Raymond Chandler sono diventati Uber, l’hanno ripreso che abbracciava D Hunter e adesso un milione di persone lo vorrebbe rivedere in azione, e non solo. La vera questione, come sa bene Nelson George, e di riflesso D Hunter è che “tutti hanno una storia a Los Angeles”, una metropoli che Reyner Banham in Los Angeles. L’architettura di quattro ecologie cercava di spiegare così: “Se si analizza la storia di Los Angeles, risulta evidente che nessun’altra città è mai stata il prodotto di una simile straordinaria mistura di geografia, clima, economia, demografia, meccanica e cultura; e probabilmente una simile mistura non si realizzerà una seconda volta”. Per trovare il killer del nonno D Hunter ci si deve tuffare dentro, notte e giorno, sapendo che “questa città, vasta e lunga, era mille mondi dove la gente ascoltava tanto gli Eagles quanto gli NWA o i Beach Boys o i Black Flag o gli Shalamar o Charles Mingus o gli X o Tyler the Creator o Dr. Funk e pensava di essere in sintonia con il territorio quando invece ne viveva solo un pezzetto”. Una descrizione che collima con l’evanescente mappa di Los Angeles più di mille studi urbanistici e così Funk e morte a L. A. si sviluppa come se fosse un romanzo di Chester Himes rivisto e rimixato da Nelson George, fin qui uno dei massimi esperti americani di black music. E si sente: nel suo noir intricato e brillante, con femme fatale che appaiono dietro ogni angolo e dialoghi tranchant che sembrano strofe di altrettanti rap, il flusso musicale è continuo e movimentato. Spazia da Charles Mingus a Kendrick Lamar e, con un ritmo costante, molto cinematografico, mette subito in luce in ruolo di D Hunter nel collegare musica, affari, amicizie, amore e il senso sfuggente di una missione che si scontra con “l’anima oscura di una città piena di sole”. Funk e morte a L. A. scorre irresistibile, ma come tutti i noir che si rispettino ha una bella prospettiva sulla realtà, che è quella di Los Angeles: frammentata, violenta e contraddittoria, una città che non è una città dove tra giusto e sbagliato resta soltanto una linea sfocata, così come è molto sfumata la percezione tra legge e giustizia. Colona sonora vivamente consigliata: Heaven And Earth di Kamasi Washington, che mescola le carte in tavola con la stessa forza centrifuga di Funk e morte a L. A., e, in un solo colpo, raduna tutte le sue sfumature musicali.

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