domenica 24 dicembre 2017

Terry Southern

Inseguendo il gusto della sorpresa, dello scherno, dello sberleffo, Il grande Guy incarna uno spirito dispettoso e tormentato, che si diverte a irretire, provocare, stuzzicare e spargere zizzania, tutto in nome del denaro, che deve sborsare per rimediare ai danni dei suoi scherzi. Mecenate facoltoso e visionario, con interessi diversificati e risorse economiche a quanto pare illimitate, Guy Grand è annoiato e turbato da quello che è diventato e guardando i suoi colleghi di tante scorrerie finanziarie, si vede come “un riflesso della loro stessa pochezza: membro di club, personaggio da invitare a pranzo, una minaccia, un uomo la cui società rappresentava una promessa e insieme un pericolo”. A quel punto cominciano tutti gli scherzi che costituiscono la trama e la spina dorsale del breve romanzo di Terry Southern e che mettono alla prova molti luoghi comuni: proietta film rallentati e al contrario, paga dei pugili per interpretare la boxe in una chiave davvero inedita e se ne a caccia con un obice da settantacinque millimetri, un’arma impropria perché il rinculo lo sbalza a dieci metri “dove arrivava come uno straccio, ovviamente privo di sensi”. Un colpo è sufficiente a mettere in fuga tutta la selvaggina, e così finiscono anche i safari del grande Guy. Ogni volta le rappresentazioni di quello che, in effetti, è un mondo al contrario, generano stupore, imbarazzo, disorientamento, soprattutto perché non sono chiari i motivi che spingono Il grande Guy a dilapidare una fortuna in quel modo. Finché, di fronte all’ennesima provocazione, qualcuno si chiede: “E se si trattasse di una sana satira dei mass-media?”, domanda si adatta alla perfezione anche per il romanzo in sé. Comunque sia, Il grande Guy continua imperterrito e ogni volta alza il tiro, fino alla creazione di una crociera su una nave di follie, una specie di sontuosa parodia del Titanic, e alla generazione, nel capitolo conclusivo, di una caricatura degli sconti commerciali che scatena orde di famelici consumatori in cerca del negozio più conveniente, che nel frattempo è sparito o si è trasferito dall’altra parte della città. E’ quello che lascia credere il perfido meccanismo studiato da Guy Grand, almeno le folle ipnotizzate dai pressi impensabili “così potevano concludere che non si era trattato di un sogno, non solo, ma che il miracolo era ancora in corso”. La feroce ricostruzione di una società votata ai consumi e all’avidità è sempre mitigata dall’ironia e dalla una leggerezza, anche naïf, volendo, di Terry Southern, sempre disposto a un tono accondiscendente, colloquiale, poco spigoloso, umoristico, come è nella tradizione di Mark Twain o del contemporaneo Richard Brautigan. Terry Southern, in realtà, ha però una percezione critica e caustica che filtra nelle battute e negli aneddoti di Guy Grand che induce a una seria riflessione sulla concezione stessa del libero mercato, che, proprio nella sua natura, è “capriccioso”. Un modo di dire la verità, ovvero che è molto pericoloso, con una congrua dose di senso dell’umorismo, non a caso, la cifra finale che definisce Il grande Guy

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