domenica 5 gennaio 2014

Dorothy Parker

Testimone coraggiosa, scomoda e vitale della prima metà del ventesimo secolo, essendo nata nel 1893 e scomparsa nel 1967, Dorothy Parker ha una precisione chirurgica nel descrivere i modi affettati della borghesia, le convenzioni e i cliché consumati nell’ambito ristretto delle famiglie. I suoi ritratti dei vizi e delle abitudini della nascente middle class sono impietosi e anche nell’eleganza e nella raffinatezza della sua scrittura, comprese le formali presentazioni dei personaggi che sono tutti e sempre Mr e Mrs, Dorothy Parker non concede nulla ai luoghi comuni casalinghi, che sono il suo bersaglio preferito. La famiglia, in particolare la sfera matrimoniale, con tutti i pregiudizi e le idiosincrasie del caso è la sua principale fonte di ispirazione e nello stesso tempo il fondale delle storie e Dorothy Parker è sferzante, impietosa, a tratti persino cinica, anche perché “l’innocenza è una gran cosa, una cosa deliziosa, persino attraente, nel momento e nel luogo opportuni: ma portata alle estreme conseguenze è semplicemente ridicola”. L’ampia galleria di caratteri e volti rappresentati in Eccoci qui è un esempio più che sufficiente: Dorothy Parker ne illustra e ne rilegge i tic persino con una sottile vena di sana perfidia, incastrando i suoi personaggi nell’angolo che loro stessi hanno ricavato tra le mura domestiche. Siano i pregiudizi razziali (e razzisti) di Composizione in bianco e nero o l’inversione repentina, dalla frivolezza alla depressione, di Hazel Morse in Una bella bionda, o i suggerimenti per comprendere le trame dell’amore che un personaggio rispecchia nell’altro in Consigli alla piccola Peyton o ancora le brutali deviazioni che Mr Durant impone per sentire “nella coscienza che era tutto sistemato, tutto pronto, per ricominciare da capo”, Dorothy Parker incide in modo indelebile le psicologie dei protagonisti che lievitano frase dopo frase e in pochissime pagine rimangono inchiodati alla loro mediocrità. Succede con Mr e Mrs Wheelock, e la figlia Sister, ritratti nel bucolico pomeriggio per Che bel quadretto e così per le attenzioni che gli impeccabili Mr e Mrs Matson dedicano al figlio adottivo, Il piccolo Curtis: le apparenze e i modelli di comportamento danno “la sensazione di aver fatto qualcosa di compiuto”, solo che nel giro di poche pagine, una dozzina al massimo, Dorothy Parker s’incunea nelle pieghe delle contraddizioni e solleva, con una scrittura algida, puntuale, ancora attuale oggi a distanza di quasi un secolo, il sipario delle ipocrisie e delle contraddizioni, delle frustrazioni e dei sotterfugi di un’umanità edulcorata. Siano novelli sposi o consumati coniugi, spesso quello che lega gli uomini e le donne di Eccoci qui, è “un silenzio carico di significati”. E’ proprio in quella terra di nessuno che la voce e lo stile, e anche lo spirito indomito, di Dorothy Parker fanno emergere le tensioni sommerse, senza spiegarle, e lasciano al lettore lo spazio e il tempo per immaginarsi l’evoluzione delle vite e dei sottintesi dei racconti di Eccoci qui. Da riscoprire.

Nessun commento:

Posta un commento