E’ pop, è acido, è surf.
Spuntano come funghi i Beach Boys, i Byrds di Eight Mile High, Roy
Orbison e, va da sé, l’alter ego rock’n’roll di Thomas Pynchon, ovvero Frank
Zappa. E’ Vineland tinto di noir, se fosse possibile, o forse
è solo un’alternate take di Vineland frutto di uno strano e denso
trip. E’ Raymond Chandler con la colonna sonora dei Grateful Dead e, guarda un
po’, Doc ha lo stesso nom de plume di Hunter S. Thompson e si muove, parla e ha
qualche dubbio proprio come lui visto che “ormai era quasi convinto che
quell’epoca di temerarietà fosse conclusa; ma ora ricominciava a sentirsi
nervoso”. Doc è, o dovrebbe essere, un investigatore privato dal profilo hippie
e il caso che deve affrontare è una bolla che si espande, gonfiandosi di vite e
di volti e di storie. I personaggi non finiscono mai e ogni incontro è una
porta che si apre su altri mondi, su altri tempi, su altri livelli. L’assetto
di Vizio di forma è psichedelico, prevede il continuo movimento, non solo per
assecondare le rocambolesche peripezie di Doc e il suo girovagare sulla costa
californiana e attorno a Los Angeles. A ogni incrocio, a ogni appuntamento si
apre un nuovo e ulteriore girone: comincia come una diatriba nata nel contesto
di una relazione extraconiugale, poi si evolve in una truffa con tanto di
raggiro psichiatrico (Thomas Pynchon non si fa mancare niente), poi si incunea
in un conflitto per una partita di droga (ce n’è in abbondanza) e si gonfia
fino all’inevitabile complotto ordito da frammenti instabili e out of control
del governo e della repubblica. L’aura di Charles Manson si aggira onnipresente
e quando Vizio di forma comincia a ingranare marce più veloci, i
Doors, Jim Morrison in particolare, appaiono più virulenti delle altre
rock’n’roll band citate a piene mani. E’ giusto così perché rappresentano
meglio di chiunque altro il lato oscuro di un’era ed è opinione di Thomas
Pynchon che “se era destino che quel sogno prerivoluzionario finisse e che il
mondo senza fede, motivato solo dal denaro, riaffermasse il suo dominio su
tutte le vite che si sentiva in diritto di toccare, carezzare e molestare, ciò
sarebbe successo per opera di agenti come questi, zelanti e silenziosi,
impegnati a fare il lavoro sporco”. Il primo in cima alla lista era Ronald
Reagan che, da governatore della California e già protagonista al centro di una
macchina politica ben avviata, studiava operazioni di controllo militare delle
cittadine in caso di rivolta, altrimenti chiamate golpe. Questa ormai è storia
e il complotto c’era davvero, non era un’invenzione letteraria perché come
diceva Doc o altrimenti Xqq (in un altro trip a cavallo delle civiltà perdute
di Lemuria e di Atlantide): “Saranno contenti solo quando ci avranno tirato su
tutti con la rete a strascico, tagliati a pezzi e accatastati sugli scaffali
del Supermarket Amerika, e nel subconscio la cosa terribile è che noi, noi vogliamo che lo
facciano”. Vizio di forma è un romanzo caotico e
brillante in cui Thomas Pynchon riesce a “cavalcare l’onda del futuro”
attraverso le immagini sbiadite e sfuggenti di un variopinto passato.
Funambolico e geniale, as usual.
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