giovedì 24 ottobre 2013

Thomas Pynchon

E’ pop, è acido, è surf. Spuntano come funghi i Beach Boys, i Byrds di Eight Mile High, Roy Orbison e, va da sé, l’alter ego rock’n’roll di Thomas Pynchon, ovvero Frank Zappa. E’ Vineland tinto di noir, se fosse possibile, o forse è solo un’alternate take di Vineland frutto di uno strano e denso trip. E’ Raymond Chandler con la colonna sonora dei Grateful Dead e, guarda un po’, Doc ha lo stesso nom de plume di Hunter S. Thompson e si muove, parla e ha qualche dubbio proprio come lui visto che “ormai era quasi convinto che quell’epoca di temerarietà fosse conclusa; ma ora ricominciava a sentirsi nervoso”. Doc è, o dovrebbe essere, un investigatore privato dal profilo hippie e il caso che deve affrontare è una bolla che si espande, gonfiandosi di vite e di volti e di storie. I personaggi non finiscono mai e ogni incontro è una porta che si apre su altri mondi, su altri tempi, su altri livelli. L’assetto di Vizio di forma è psichedelico, prevede il continuo movimento, non solo per assecondare le rocambolesche peripezie di Doc e il suo girovagare sulla costa californiana e attorno a Los Angeles. A ogni incrocio, a ogni appuntamento si apre un nuovo e ulteriore girone: comincia come una diatriba nata nel contesto di una relazione extraconiugale, poi si evolve in una truffa con tanto di raggiro psichiatrico (Thomas Pynchon non si fa mancare niente), poi si incunea in un conflitto per una partita di droga (ce n’è in abbondanza) e si gonfia fino all’inevitabile complotto ordito da frammenti instabili e out of control del governo e della repubblica. L’aura di Charles Manson si aggira onnipresente e quando Vizio di forma comincia a ingranare marce più veloci, i Doors, Jim Morrison in particolare, appaiono più virulenti delle altre rock’n’roll band citate a piene mani. E’ giusto così perché rappresentano meglio di chiunque altro il lato oscuro di un’era ed è opinione di Thomas Pynchon che “se era destino che quel sogno prerivoluzionario finisse e che il mondo senza fede, motivato solo dal denaro, riaffermasse il suo dominio su tutte le vite che si sentiva in diritto di toccare, carezzare e molestare, ciò sarebbe successo per opera di agenti come questi, zelanti e silenziosi, impegnati a fare il lavoro sporco”. Il primo in cima alla lista era Ronald Reagan che, da governatore della California e già protagonista al centro di una macchina politica ben avviata, studiava operazioni di controllo militare delle cittadine in caso di rivolta, altrimenti chiamate golpe. Questa ormai è storia e il complotto c’era davvero, non era un’invenzione letteraria perché come diceva Doc o altrimenti Xqq (in un altro trip a cavallo delle civiltà perdute di Lemuria e di Atlantide): “Saranno contenti solo quando ci avranno tirato su tutti con la rete a strascico, tagliati a pezzi e accatastati sugli scaffali del Supermarket Amerika, e nel subconscio la cosa terribile è che noi, noi vogliamo che lo facciano”. Vizio di forma è un romanzo caotico e brillante in cui Thomas Pynchon riesce a “cavalcare l’onda del futuro” attraverso le immagini sbiadite e sfuggenti di un variopinto passato. Funambolico e geniale, as usual.

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